Coronavirus, quali sono i sintomi nei bambini? Pochi hanno la febbre (ed è un problema, ecco perché)
No, i bambini non sono immuni dal coronavirus. Questo deve essere chiaro. Però in genere il decorso della malattia per loro è più benigno e molto raramente hanno bisogno di supporto ventilatorio. Purtroppo come sappiamo sono stati segnalati anche casi di decessi, ma in percentuale minima rispetto ad adulti e anziani.
I bambini possono essere infettati dal coronavirus?
Sì, proprio come gli adulti i bambini possono contrarre il virus. All’inizio della pandemia sembrava che i più piccoli non fossero suscettibili ma si è capito abbastanza rapidamente che i bambini sono esposti al virus come gli adulti anche se, quando si ammalano, in genere i sintomi sono più lievi. Probabilmente all’inzio della pandemia il virus ha colpito più facilmente gli adulti perché è stato trasmesso in ambienti di lavoro o durante viaggi. In una seconda fase, quando gli adulti hanno cominciato a trascorrere più tempo con i propri figli, proprio per il lockdown sono aumentati i contagi anche tra i più piccoli. Ma dal momento che i bambini presentano sintomi più lievi difficilmente vengono sottoposti a tampone e sfuggono quindi ancora più degli adulti alle statistiche. I dati dei Centri cinesi per il controllo delle malattie hanno riferito che i bambini di età inferiore ai 19 anni rappresentavano il 2% dei 72.314 casi di Covid-19 registrati il 20 febbraio. In Italia, il bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità datato 9 aprile ci dice che i contagiati sotto i 19 anni rappresentano l’1,6% dei positivi. Molti dei bambini con tampone positivi sono stati sottoposti al test perché i genitori erano malati.
Perché il coronavirus ha effetti differenti sui bambini rispetto agli adulti?
Si è visto che i bambini, anche quelli che soffrono di condizioni più gravi, e magari sono sottoposti a terapie immunosoppressive o trattamenti antitumorali, sono comunque meno colpiti degli adulti e hanno sintomi più lievi. In genere il virus nei bambini colpisce le vie aeree superiori (naso, bocca, gola) e questo fa assomigliare Covid-19 più a un raffreddore. Un grosso studio pubblicato su Pediatrics su oltre 2000 bambini cinesi ha evidenziato che più di un terzo, circa il 39%, si è ammalato in modo più serio con sintomi tra cui polmonite o problemi polmonari rivelati dalla TAC, ma senza difficoltà respiratorie. Circa il 4% non ha avuto sintomi. Ma 125 bambini , quasi il 6%, hanno sviluppato una malattia molto grave. Tredici di loro sono risultati «critici», ovvero a rischio di insufficienza respiratoria. Sappiamo che purtroppo si sono registrati anche dei decessi.
Quali sono i sintomi nei bambini?
Una meta analisi dell’Università di Campinas, in Brasile, (non ancora però revisionata dalla comunità scientifica) ha esaminato 34 studi per un toltale di 1118 casi). Lo studio ha evidenziato che, come per gli adulti il sintomo più frequente è la febbre, ma in percentuale decisamente più bassa: appena il 16% (negli adulti questo sintomo sfiora il 90%). Segue la tosse , 14,4%, naso chiuso, 3,6%, diarrea , 2,7%, nausea e vomito 2,7%. Nel 12,9% dei bambini è stata diagnosticata la polmonite e nel 3,8% un’infezione alle via aeree. Tra i segni clinici maggiormente descritti al momento del ricovero c’erano l’eritema faringeo (7,1%), tachicardia (6,4%), respirazione accelerata (4,6%). Dai dati emerge un elemento importante: febbre e sintomi respiratori non sono un segno distintivo di Coivid-19 nei bambini. Poco meno della metà sono risultati asintomatici. Tutto ciò rende la diagnosi difficoltosa.
Bambini superspreaders?
Nonostante i bambini siano asintomatici o lievemente sintomatici quel che preoccupa è la diffusione del virus attraverso le secrezioni nasali e anche attraverso le feci. In otto bambini su dieci è stato rilevato Sars-Cov2 nelle feci, persino dopo la guarigione virologica, cioé con doppio tampone negativo. La trasmissione oro-fecale è un problema serio da tenere in considerazione tenuto conto che ai più piccoli va cambiato spesso il pannolino e che dunque le probabilità di contagio salgono. Nessuno studio ha finora studiato in modo approfondito la carica virale nelle feci e quindi la capacità di contagiare. Era ra stato l’infettivologo Massimo Galli, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano e ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Milano a chiarire questo aspetto: «Sappiamo che il virus può permanere nelle feci, verosimilmente anche degli asintomatici, per cui ogni volta che si preme lo sciacquone si crea un areosol di virus potenzialmente contagioso. Per questo l’operazione andrebbe fatta con il coprivaso chiuso e dopo andrebbe sanificato l’ambiente».
Perché i bambini reagiscono meglio alla malattia?
Il virus riesce a penetrare nella cellula tramite il legame della sua proteina S (spike protein) ad alcuni recettori cellulari e una volta penetrato si replica. Prima però deve trovare una porta di ingresso adatta che per Sars-CoV-2 (come per la Sars) è il recettore ACE2. Gli scienziati ipotizzano che i recettori ACE2 nei bambini sono poco espressi e si adattano male al virus. Insomma i bambini sarebbero meno colpiti perché le loro cellule non hanno una chiave d’accesso che serve al virus per infettarle. È possibile che i bambini abbiano meno recettori ACE-2 nelle loro vie inferiori (polmoni) che nelle vie aeree superiori, motivo per cui sono più colpiti naso, bocca e gola. Un’altra teoria è che i bambini hanno, in generale, polmoni più sani rispetto agli adulti, che sono stati più esposti all’inquinamento nel corso della vita. I bambini inoltre, infettati precedentemente con gli altri quattro tipi di coronavirus esistenti potrebbero avere sviluppata una protezione crociata. È anche possibile, dicono gli esperti, che il sistema immunitario dei bambini non attacchi il virus in modo violento come fanno i sistemi immunitari adulti: i bambini, con un sistema immunitario ancora immaturo sembrano meno capaci di scatenare tempeste di citochine per combattere le infezioni virali. Negli adulti invece la risposta immunitaria troppo aggressiva ha spesso creato un’infiammazione distruttiva.
I bambini asintomatici o con sintomi lievi possono trasmettere la malattia?
Sì, i bambini possono trasmettere la malattia e questo è un grosso problema. Molti pensano che i bambini siano a basso rischio e il che è vero, per loro stessi (in generale). Quando si ammalano, come detto, hanno spesso sintomi lievi ma ci si dimentica che i bambini sono una delle vie principali di diffusione dell’infezione (motivo per cui sono state chiuse le scuole) per l’intera comunità. Insomma, i bambini sono una formidabile via di propagazione del virus ( e i nonni rischiano di farne le spese). Con l’influenza è la stessa cosa: per un bambino è spesso solo un naso che cola, mentre un anziano rischia il ricovero in ospedale.
Covid-19 colpisce i bambini di età diverse in modo diverso?
Sembra di sì. I bambini piccoli, in particolare i neonati, sembrano essere più vulnerabili all’infezione . Nello studio cinese già citato più del 60% dei 125 bambini che si sono gravemente ammalati aveva meno di 5 anni. Quaranta di questi avevano meno di un anno. Tra i bambini dunque, i più colpiti sono quelli in età prescolare molto probabilmente perché i loro sistemi respiratori e altre funzioni dell’organismo sono in via di sviluppo, oltre che avere un sistema immunitario ancora immaturo per non essere mai stati esposti a virus .
Come reagiscono invece gli adolescenti?
Come detto, mentre nei bambini la risposta immunitaria è in generale proporzionata all’infezione, negli adulti il virus scatena, nei casi gravi, una reazione abnorme e sproporzionata del sistema immunitario. La risposta immunologica degli adolescenti sembra essere più simile a quella degli adulti anche se ci sono pochi dati su di loro.
Covid-19 può colpire i neonati?
Sì, nel mondo ci sono stati vari casi segnalati, compresa la piccola prematura di Cuneo, che si è ammalata a tre settimane di vita ed ora è guarita dopo un periodo di ventilazione meccanica. Nei vari casi segnalati non è chiaro se i bambini abbiano contratto l’infezione nell’utero o dopo la nascita, ma la trasmissione via utero – avvertono i ricercatori- non è da scartare. Le madri sono in genere positive anche se in Romania una decina di neonati sono risultati positivi nonostante le madri fossero negative e per questo è stato indagato il personale dell’ospedale. In Louisiana una neonata è morta cinque giorni dopo la nascita.
Come si possono proteggere i bambini dal coronavirus?
Per i bambini valgono le stessere regole che per gli adulti: distanziamento sociale, lavaggio delle mani, disinfezione delle superfici che possono ospitare il virus.
(FONTE: www.corriere.it)