Per istituti di bellezza e centri di manicure e pedicure perdite economiche nei 2 lockdown a Brescia 15 milioni

Il presidente Massetti: «Il virus sta ampliando le differenze tra mondo maschile e mondo femminile, anche nei risultati d’impresa»

L’attuale chiusura dei centri estetici (93.02.02 – Servizi degli Ist. di bellezza e 96.02.03 – servizi manuicure e pedicure) in Lombardia coinvolge oltre 8 mila imprese – di cui il 87,5% femminili – nelle quali lavorano 14 mila addetti. Nella sola provincia di Brescia operano 1.076 imprese (il 13,2% del totale lombardo), con un incidenza di imprese al femminile del 91,7%, occupando 1.831 addetti. Il settore è caratterizzato da un’elevata vocazione artigianale, in cui quasi 4 imprese su 5 sono artigiane (79,9%). Ipotizzando la chiusura delle attività fino al 3 dicembre (giorno in cui sono efficaci le disposizioni indicate nell’ultimo Dpcm), con la nostra regione costantemente valutata zona rossa, il blocco dell’attività dei centri estetici comporterebbe per il mese di novembre una perdita complessiva di fatturato in Lombardia pari a 30 milioni di euro. Per la sola provincia di Brescia e le sue attività questo vorrebbe dire 4 milioni di euro secondo la nota odierna diffusa e realizzata dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia. «Queste attività, peraltro, hanno subito già una interruzione prolungata dell’attività durante il primo lockdown, oltre ad essere un settore che da sempre sconta un’elevata concorrenza sleale del sommerso. Ai mancati ricavi di novembre si aggiunge così la perdita già subita a marzo-giugno, 4 mesi in cui si stima che le imprese del settore, a causa del mix lockdown e concorrenza sleale, abbiano perso per la sola provincia di Brescia oltre 11 milioni di euro. Complessivamente, sommando gli effetti del lockdown di primavera e del lockdown di novembre applicato alla zona rossa, una perdita che arriva a circa 15 milioni di euro, oltre il 30% del fatturato annuo – commenta Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia che prosegue – in questo settore caratterizzato da un’elevata vocazione femminile (91,7% sul totale) si verifica e onferma con particolare evidenza come la crisi Covid-19 colpisca e abbia colpito in misura maggiore le imprenditrici rispetto agli imprenditori. Evidenza ribadita anche da un nostro recente sondaggio, da cui emerge come il virus stia effettivamente ampliando le differenze tra mondo maschile e mondo femminile, anche nei risultati d’impresa. I dati relativi alla dinamica del fatturato difatti mostrano perdite più ampie per le MPI e imprese artigiane gestite da donne rispetto a quelle con a capo un imprenditore uomo, con un decremento dei ricavi a svantaggio delle prime più ampio di 10 punti. Differenza determinata anche dal fatto che le donne operano per lo più nei Servizi, in particolare in quelli del benessere che ha continuato a subire perdite causa del cambio di abitudini, maggiore diffidenza ed elevata propensione al risparmio dei consumatori finali e a causa della riduzione del numero di clienti da poter ospitare nel salone e del numero di dipendenti in servizio in osservanza delle linee guida dei protocolli di sicurezza». Ulteriore gap – precisa lo studio dell’Osservatorio di Confartigianato – rispetto alle performance di fatturato lo si rileva anche tra le stesse imprenditrici, che spesso ricoprono anche il ruolo di care giver (di figli e/o anziani/persone non autosufficienti): molte imprenditrici oltre alle difficoltà generali scaturite dalla diffusione del virus hanno dovuto, e devono, far fronte ad ulteriori difficoltà nel riuscire a conciliare tempi di cura e di lavoro– causa chiusura delle scuole o attivazione della didattica a distanza, difficoltà accesso a centri ospedalieri e chiusura/ assenza o ridotta attività di altre strutture di supporto alla cura di figli e/o anziani/persone non autosufficienti. «Questo influisce naturalmente sul risultato d’impresa: le imprenditrici che riscontrano difficoltà nella conciliazione in media hanno registrato un calo di fatturato maggiore di 6,6 punti rispetto alle colleghe che non hanno riscontrato alcun problema. La crisi Covid-19 ha dato ulteriore evidenza dell’elevata correlazione tra tasso occupazione femminile e la diffusione sul territorio di strutture di supporto alla conciliazione: senza le ultime la prima componente inevitabilmente si contrae, aumentando la platea di donne costrette a stare fuori dal mercato del lavoro» conclude il presidente Massetti.