Tassa rifiuti: costi in crescita nonostante le attività chiuse per covid-19 e la riduzione dei rifiuti prodotti
La tassa rifiuti Tari continua a rappresentare per le imprese del nostro territorio un peso insostenibile e spesso ingiustificato, se si considerano le iniquità che lo caratterizzano. Dai dati raccolti da Confcommercio – Imprese per l’Italia si conferma il peso eccessivo della Tassa sui rifiuti pagata da cittadini e imprese nonostante l’emergenza da Covid-19 abbia obbligato molte attività a chiudere e nonostante si sia registrata nel 2020 una contrazione del Pil di quasi 9 punti percentuali, con conseguente riduzione di consumi e di rifiuti.
A livello nazionale è stato quantificato un calo di più di 5 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 15% in meno rispetto all’anno precedente, calo che, in ogni caso, assorbe anche la produzione di dispositivi anti Covid (sostanzialmente mascherine) trattati come rifiuti indifferenziati (Ispra ha stimato per il 2020 che la produzione di tali dispositivi si è attestata tra le 160mila e le 440mila tonnellate). Nonostante questo calo della produzione dei rifiuti l’ammontare complessivo della Tari si è attestato, nel 2020, su valori analoghi a quelli del 2019 (circa 9,73 miliardi di euro).
Un quadro ancor più preoccupante considerando che proprio il 2020 avrebbe dovuto rappresentare una svolta. Confermati anche i significativi divari di costo tra medesime categorie economiche in provincie limitrofe. In particolare si evidenzia come molte categorie di attività del commercio, del turismo e dei servizi a Brescia si ritrovino a dover pagare un costo maggiore per ogni metro quadro rispetto alle categorie omologhe in provincia di Bergamo. Le differenze sono ben accentuate e superano addirittura i 5€ al metro quadro per quanto riguarda la categoria “ortofrutta, pescherie, piante e fiori e pizza al taglio” (+5,5) e “ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, mense, pub e birrerie” (+5,2).