Franciacorta stregata, i misteri di San Carlo Borromeo
Ciao, oggi ti porto tra Franciacorta e Sebino sulle orme di San Carlo Borromeo, il cardinale milanese che nel XVI secolo viaggiò in lungo e in largo per evangelizzare la nostra provincia, eradicare il male e debellare la piaga della stregoneria, a suo parere largamente diffusa nella nostra magnifica Franciacorta e negli altrettanto ameni lago d’Iseo e Valcamonica. Da sempre legato alla terra bresciana e in particolare al Vescovo Bollani, San Carlo fece la sua più importante visita pastorale nella nostra provincia nel 1580’.
In Franciacorta, sul Sebino e nella più grande Valle Bresciana il suo arrivo coincise con momenti tristi e talvolta oscuri per la popolazione, poiché fece rimuovere immagini che appartenevano alla paganità e scoprì ancora riti in uso di venerazione delle pietre. Non solo. Attaccò duramente quelle donne, specie nelle zone rurali, collinari e di montagna, che praticavano arti mediche, raccoglievano erbe e aiutavano la popolazione. Non accettava l’esistenza, insomma, coloro che definiva streghe. Ma parliamo dell’itinerario del Santo milanese, iniziato nella città di Brescia, che lo ha accolto festante e continuato nella bassa e poi sul Garda da cui, tramite la Valsabbia è andato in Valcamonica. Proprio nelle valli San Carlo ha riconosciuto il culto delle pietre, che non ha accettato e che ha, invano, cercato di eradicare, distruggendo, però alcuni manufatti probabilmente preistorici. In Valcamonica arrivò dal monte Guglielmo, il cui nome è di per se un mistero e che forse deriva dal latino “culmen”, ovvero sommità. Percorse dapprima la parte superiore della Valle passando per Cemmo, Monno e poi scendendo a Breno e Lovere. Dopo essere rientrato a Milano per un periodo, riprese la visita nel bresciano dalla riviera del Sebino, dove si rese protagonista di due fatti miracolosi a Marone. Quindi transito per Iseo, Provaglio d’Iseo, Ospitaletto, Capriolo, Adro, Palazzolo, e Cologne si reca a Rovato (10 ottobre) ove dà l’abito ecclesiastico al cugino Federico, futuro suo successore nella porpora e nell’arcivescovado. Visitò poi Coccaglio e Chiari
Come ti dicevo i misteri legati a San Carlo non mancano nella nostra zona. Se ti recherai nella frazione di Pregasso a Marone, ai piedi dell’eremo di San Pietro, che ti consiglio di vistare perché è costruito su uno “scoglio” a strapiombo sul lago, potrai vedere una roccia dove, secondo la tradizione, il Santo milanese lascio l’impronta dei propri piedi. La roccia si chiama “Bus de San Carlo”.Si tratta di un grosso macigno dove egli scese da cavallo, lasciandoci l’orma dei piedi. Non solo: si narra che a Marone San Carlo abbia incontrato il diavolo, che lo ha inseguito per le ripide strade che salgono fino alla croce di Marone. Grazie al suo intrepido e veloce Cavallo il Santo è riuscito a trovare rifugio in una grotta, nella zona del “coren de l’Aiva Santa” (corno dell’acqua santa, n.d.r.). Lì, dove esisteva una fonte, si è consumata una lotta feroce tra le forze del bene e quelle del male. Dove l’equino batte una zampa sgorgò una seconda fonte di acqua benedetta. A quel punto Satana fuggì. I maronesi più anziani ancora raccontano la storia e vanno ad attingervi acqua.
Poco dopo il Santo si recò a Provaglio, dove benedì il Santuario della Madonna del Corno per proteggerlo dagli eventi naturali e dagli smottamenti, che all’epoca in quell’area erano frequenti e che mai lo toccarono. Sempre a Provaglio San Carlo impose il suo volere facendo rimuovere l’altare esterno della Chiesa di San Bernardo, particolarmente venerato dalla popolazione locale e da lui ritenuto di origine pagana. La gente, estremamente legata al piccolo altare esterno, cercò di mantenerlo ma dovette cedere quando nel 1616 fu proposta l’interdizione della Chiesa qualora l’altare non fosse stato smantellato.
A Ospitaletto San Carlo benedì il pozzo di via Guidoni, ora considerato sacro, così come a Capriolo, dove oggi sorge una cappella in suo onore con all’interno affreschi che lo rappresentano e una croce che simboleggia la sua casata, consacrò l’ormai scomparsa via Salvapali, utilizzata dagli appestati per raggiungere la loro ultima dimora sulla sommità del colle, nella chiesa di San Gervasio, che fu lazzaretto e luogo di sepoltura. Infine a Rovato, come ti ho raccontato, iniziò il cugino e suo successore al sacerdozio. Chissà, se San Carlo seppe che più su, di fronte alla chiesa longobarda di San Michele, poco distante da quella che lui pensava fosse il tempio fulcro dell’evangelizzazione locale, i druidi celebravano i loro riti e nelle notti di luna piena danzavano le streghe….