Bollette, a Brescia i fiori sono a rischio per l’aumento dei prezzi dell’energia
Dalle primule ai ciclamini produzioni a rischio _Ad essere colpito è l’intero sistema agroalimentare, dai campi agli scaffali_
L’aumento record dei costi energetici “spegne” le serre lombarde e mette a rischio il futuro di alcune delle produzioni florovivaistiche più tipiche del periodo sul territorio, dalle primule ai ciclamini. È quanto rileva la Coldiretti Lombardia in relazione al caro bollette che ha un doppio effetto negativo, perché riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie e aumenta anche i costi delle imprese agroalimentari particolarmente rilevanti con l’arrivo del freddo e dell’inverno.
“L’impennata dei costi energetici ha un impatto pesante sulle produzioni in serra – conferma Fausto Dester, floricoltore bresciano e presidente Associazione Florovivaisti di Brescia – in particolare in questo momento sono a rischio quelle di ciclamini e primule, oltre che delle piante verdi da interni che è diventato molto oneroso riscaldare. Solo poi vedremo quali effetti i rincari in bolletta avranno sulle produzioni di inizio primavera”.
“I rincari dell’energia ci preoccupano molto perché si vanno ad aggiungere agli aumenti che stanno colpendo in maniera generalizzata le materie prime necessarie a produrre – afferma Nada Forbici, floricoltrice di Desenzano del Garda e presidente Assofloro – una situazione che pesa sulla programmazione della prossima stagione e che aggiunge incertezza al periodo già imprevedibile a causa della pandemia. Oltre agli aumenti dei costi energetici oggi subiamo ritardi e incertezza nella consegna di vasettame e torba, materie prime necessarie per le prossime attività lavorativa”.
Il costo dell’energia – spiega la Coldiretti – si riflette su tutta la filiera agroalimentare e oltre alle attività agricole riguarda anche la trasformazione, la distribuzione ed i trasporti. Per le operazioni colturali gli agricoltori – continua la Coldiretti – sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Inoltre – continua Coldiretti – l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano
+65%. Non si sottraggono ai rincari anche i fertilizzanti a base di
azoto, fosforo e potassio che subiscono anch’essi una forte impennata (+60%).
L’aumento dei costi riguarda anche l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi ma ad aumentare sono pure i costi per l’essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne. Il rincaro dell’energia – prosegue la Coldiretti – si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi.
Di fronte ad un’emergenza senza precedenti – conclude Coldiretti – serve responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle.