A Brescia nel 2° trimestre rallenta il ritmo di crescita dell’industria
Nel 2° trimestre del 2022, l’attività produttiva nel settore manifatturiero della provincia di Brescia mostra un nuovo rallentamento, pur caratterizzandosi ancora per una crescita. In particolare, la produzione industriale ha segnato una variazione rispetto allo stesso trimestre del 2021 pari al +5,8%, evidenziando così un significativo ridimensionamento nei confronti di quanto sperimentato nelle rilevazioni precedenti.
La variazione rispetto al trimestre precedente (congiunturale) è stata pari al +1,8%: si tratta di un dato grezzo, ovvero calcolato non considerando il diverso numero di giorni lavorativi rispetto al trimestre precedente.
A evidenziarlo è l’indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Brescia sui dati relativi al periodo aprile-giugno 2022.
Come già emerso nel recente passato, anche in questo trimestre i dati complessivi celano una significativa eterogeneità fra e nei settori presi in considerazione: la crescita dei livelli di output è stata indicata dal 48% degli operatori, a fronte del 28% che si è espresso per il mantenimento dei volumi prodotti nel trimestre precedente e del 24% che invece ha segnalato una contrazione degli stessi. A seguito delle evoluzioni sopra indicate, il tasso acquisito, ovvero la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2022, è pari a +7,2%, in buona parte frutto di quanto ereditato dal 2021.
“L’industria bresciana continua a mostrare segnali di tenuta, in un contesto operativo sempre più aspro, caratterizzato, tra l’altro, dagli esorbitanti costi dell’energia, dall’endemica difficoltà nell’approvvigionamento dei materiali e da un generalizzato processo di deterioramento delle condizioni di mercato evidenziato a livello globale, a cui si aggiungono gli ormai annosi problemi legati al mismatch lavorativo che caratterizzano la nostra provincia e le lacune nelle competenze STEM – commenta Franco Gussalli Beretta, Presidente di Confindustria Brescia –. Va comunque segnalato, rispetto al periodo sino a giugno, un recente rallentamento nel mese di luglio dei costi delle materie prime, tendenza che ci auguriamo possa continuare. Il contesto generale rimane tuttavia decisamente complicato, anche a causa della situazione politica italiana, per cui le prospettive rimangono decisamente incerte, a prescindere dal voto di settembre. Le aspettative a breve indicano inoltre una possibile nuova frenata per il made in Brescia, che sta ripensando anche il proprio modello organizzativo, con un aumento sempre più evidente dell’incidenza delle scorte di magazzino.”
Le prospettive a breve termine sono quanto mai incerte e riflettono alcuni fattori già presenti nel recente passato, come l’evoluzione del conflitto nell’ex Unione Sovietica, l’inflazione galoppante, la capacità del sistema economico di reggere anche nel prossimo futuro il “caro-energia” (che verosimilmente è destinato a perdurare per tutto il 2022). Allo stesso tempo, il quadro ciclico risente di altri elementi di rischio, sorti solo ultimamente, come la nuova instabilità politica in Italia (che potrebbe interferire sulle riforme a suo tempo programmate) e l’avvio della fase di normalizzazione della politica monetaria della BCE, come risposta alla crescita fuori controllo dei prezzi al consumo.
- La disaggregazione della variazione della produzione per classi dimensionali mostra incrementi più pronunciati nelle piccole imprese (+3,6%) e in quelle micro (+1,8%). Dinamiche positive, ma più contenute, si rilevano per le realtà di medie dimensioni (+0,8%), mentre quelle più grandi evidenziano una flessione (-2,0%).
- Con riferimento alla dinamica congiunturale per settore, l’attività produttiva è aumentata oltre la media nei comparti chimico, gomma, plastica (+4,0%) e meccanica (+3,1%). Consuntivi positivi provengono inoltre dalle aziende del sistema moda (+1,3%); invece si rilevano dinamiche in contrazione per il legno e minerali non metalliferi (-0,3%), la metallurgia (-2,2%) e l’alimentare (-6,6%).
- Il tasso di utilizzo della capacità produttiva, che si è attestato all’81%, è rimasto sostanzialmente invariato nei confronti della rilevazione precedente (82%) e risulta in linea con quello del secondo trimestre dell’anno scorso (81%).
- Le vendite sul mercato italiano sono aumentate per il 42% delle imprese, rimaste invariate per il 34% e diminuite per il 24%. Le vendite verso i Paesi comunitari sono cresciute per il 35% degli operatori, calate per il 17% e rimaste stabili per il 48%; quelle verso i Paesi extra UE sono aumentate per il 42%, diminuite per il 16% e rimaste invariate per il 42% del campione.
- I costi di acquisto delle materie prime sono cresciuti per il 71% delle imprese, con un incremento medio del 7,5%. I prezzi di vendita dei prodotti finiti sono stati rivisti al rialzo dal 52% degli operatori, per una variazione media pari a +3,1%. Tali dinamiche confermano le significative pressioni sui margini industriali a cui sono sottoposte le imprese, divenute loro malgrado, come evidenziato da Confindustria, “shock absorber”: dal terzo trimestre 2020 al secondo trimestre 2022, i costi di acquisto sono complessivamente aumentati del 108%, mentre i prezzi di vendita solamente del 29%.
- La scarsità di materie prime / semilavorati emerge ancora come il principale fattore che limita la produzione, essendo segnalato dal 30% degli operatori. Livelli insufficienti di domanda sono indicati dal 16% (una quota raddoppiata rispetto a quanto rilevato nel periodo precedente), mentre la carenza di manodopera è indicata dal 13%.
- Le previsioni per i prossimi mesi sono all’insegna dell’incertezza e riflettono, al di là della tradizionale chiusura della maggior parte degli stabilimenti nel periodo estivo, i fattori di rischio prima evidenziati. Nel dettaglio, la produzione è prevista in aumento da 24 imprese su 100, stabile dal 49% e in calo dal rimanente 27%. I settori con le prospettive relativamente più positive sarebbero sistema moda, legno e minerali non metalliferi, meccanica. Per contro, i segnali più critici giungerebbero dai comparti alimentare, chimico, gomma e plastica, metallurgia.
- Gli ordini provenienti dal mercato domestico sono in crescita per il 16% delle aziende, stabili dal 47% e in calo dal 37%. Quelli da parte degli operatori comunitari, sono in aumento dal 22% delle imprese, invariati per il 50% e in flessione per il 28%. Quelli in arrivo dai mercati extra UE sono in crescita per il 20%, stabili per il 56% e in contrazione per il 24%.
Focus Gestione del magazzino
L’indagine realizzata dal Centro Studi di Confindustria Brescia presenta un approfondimento relativo alla mutata gestione degli stock aziendali di fronte alla situazione di questi mesi, contraddistinta, fra l’altro, da una inedita penuria di materiale e da una domanda in forte accelerazione.
La rilevazione ha confermato una tendenza già riscontrata la scorsa estate, all’interno di specifico focus presentato in occasione del 35° appuntamento dell’Osservatorio Congiunturale Scenari&Tendenze: l’abbandono, da parte di un considerevole numero di imprese manifatturiere bresciane, della modalità “just in time” (modello che si basa sulla domanda, con la produzione attivata solo quanto e quando viene richiesto), verso un approccio “just in case” (che prevede la sovrapproduzione di beni per poter avere a magazzino, in qualsiasi momento, tutto il necessario nel caso di un aumento della domanda).
Nel dettaglio, il 46% delle realtà intervistate ha dichiarato di avere già aumentato, rispetto alla situazione pre-Covid (o di essere in procinto di farlo), l’incidenza delle scorte di magazzino in rapporto ai volumi delle vendite, a fronte del rimanente 54% che non ha mutato le proprie strategie per la gestione del magazzino.
Per quanto riguarda le modalità di copertura del maggiore fabbisogno finanziario derivante dell’incremento delle scorte, le risposte formulate dalle imprese propenderebbero per una varietà di opzioni: il 33% delle imprese (fra quelle che hanno comunicato rimanenze più consistenti), segnala un aumento della marginalità, mentre il 31% fa un più intenso ricorso ai debiti finanziari. Strategie relativamente meno frequenti sono il miglioramento delle condizioni di incasso/pagamento dei crediti/debiti commerciali (23%), l’utilizzo della liquidità disponibile (23%) e l’apporto dei soci (9%).