“Giornate FAI di Primavera”, 129 luoghi da scoprire in Lombardia

In Lombardia sabato 23 e domenica 24 marzo saranno 129 i luoghi pubblici e privati aperti in 51 Comuni in occasione delle “Giornate FAI di Primavera”, presentate questa mattina al Belvedere “Jannacci” di Palazzo Pirelli.

“La Lombardia ha la necessità di esaltare quel binomio vincente costituito dal patrimonio storico-culturale e da quello paesaggistico – ha sottolineato il Presidente del Consiglio regionale Federico Romani introducendo la conferenza stampa di presentazione -. Occorre continuare a fare sistema tra istituzioni e associazioni, tra pubblico e privato. Per questo il FAI è un partner delle istituzioni pubbliche, e quindi anche del Consiglio regionale, nel promuovere il cosiddetto ‘turismo dei territori’, che rappresenta un importante fattore di sviluppo non solo economico, perché accresce la conoscenza e la consapevolezza dei cittadini della storia e dei valori dei luoghi in cui vivono. L’invito che faccio a tutti i lombardi per il weekend del 23 e 24 marzo è quello di lasciarsi sorprendere dalla ‘grande bellezza’ della nostra regione, dalle ‘emozioni inaspettate’ di luoghi insoliti e spesso inaccensibili, soffermando lo sguardo, spesso distratto, sui tesori dei nostri territori”.

Con le Giornate FAI di Primavera apriamo centinaia di beni poco conosciuti e spesso non accessibili al pubblico – ha spiegato il Presidente Regionale FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano della Lombardia Andrea Rurale -. È un format ormai collaudato e di successo con cui invitiamo le persone a fermarsi a guardare il paesaggio, i monumenti e gli edifici delle loro città e scoprire il bello che in alcuni casi è evidente, in altri invece è da scoprire o riscoprire. Perché siamo convinti che la bellezza sia negli occhi di chi guarda”.

 

Lo slogan della trentaduesima edizione delle “Giornate FAI di Primavera”, uno degli eventi più importanti e significativi per conoscere il patrimonio culturale e paesaggistico italiano, è “Raccontare l’Italia è il primo passo per tutelarla e valorizzarla”.

L’edizione 2024 coinvolgerà in Lombardia 129 luoghi inconsueti o solitamente inaccessibili in 51 Comuni grazie agli oltre 500 volontari di 17 Delegazioni, 7 Gruppi FAI, 16 Gruppi FAI Giovani e il Gruppo FAI Ponte tra culture. Le visite agli spazi pubblici e privati saranno garantite da più di 1.000 apprendisti ciceroni, studenti appositamente formati che spiegheranno ai visitatori i tesori del proprio territorio sentendosi direttamente coinvolti nella vita sociale e culturale della loro comunità.

Tra i beni lombardi che si potranno visitare il prossimo 23 e 24 marzo ci sarà anche il Grattacielo Pirelli, sede del Consiglio regionale della Lombardia, che dal 1960 caratterizza lo skyline di Milano e che – ha rimarcato Federico Romani – “è un simbolo dell’innovazione, del saper fare e del coraggio dei lombardi. Il Pirellone era un edificio visionario perché più sessant’anni fa immaginava il futuro”.

Comunemente conosciuto come il “Pirellone”, il Grattacielo Pirelli è uno dei simboli della città e con i suoi 127 metri e 31 piani fino al 2010 ha dominato lo skyline milanese. Costruito tra il 1956 e il 1960, è considerato il capolavoro dell’architetto Gio Ponti e del suo studio. A commissionarlo è stato il gruppo industriale Pirelli, capitanato dai fratelli Alberto e Piero Pirelli, i quali desideravano promuovere l’immagine della società con un edificio rappresentativo, in una posizione strategica a ridosso della Stazione Centrale e nell’area destinata al nuovo centro direzionale. Inaugurato il 4 aprile 1960, nel 1978 l’edificio fu ceduto dalla società Pirelli a Regione Lombardia. L’edificio – sotto la guida di Bob Noorda ed Egidio Dell’Orto prima e in seguito di Vico Magistretti – è stato oggetto di lavori di adeguamento. Un secondo restauro nel 2004, dopo l’incidente aereo dell’aprile 2002, ha riportato l’edificio alla sua configurazione originaria. L’edificio oggi ospita il Consiglio regionale della Lombardia e e culmina all’ultimo piano nel rooftop dedicato a Enzo Jannacci, che offre una vista unica sulla città. In cima al grattacielo, dal 2017 risiedono degli inquilini molto speciali: una coppia di falchi pellegrini, Gio e Giulia dal nome del “papà” del Pirellone, Gio Ponti, e sua moglie Giulia Vimercati.

Il Pirellone potrà essere visitato sabato 23 e domenica 24 marzo dalle 10 alle 18 con ingresso ogni dieci minuti senza necessità di prenotazione.

 

Alla presentazione delle “Giornate FAI di Primavera” hanno partecipato la rappresentante della Commissione europea a Milano Stefania Nardelli, la Delegata FAI Scuola di Milano Olimpia Adobati, il Capo Gruppo FAI Giovani di Pavia Andrea Capucciati e il Capo Gruppo FAI Giovani del Vimercatese Marianna Monguzzi.

È intervenuto, inoltre, l’Amministratore Delegato di Snaitech Fabio Schiavolin che aprirà le porte dell’Ippodromo Snai di Milano San Siro.

 

Info sul programma completo delle “Giornate FAI di Primavera” 2024: www.giornatefai.it.

 

 

La scheda

Questi i luoghi più interessanti che si potranno visitare in Lombardia durante le Giornate FAI di Primavera 2024

 

Milano

Dolce&Gabbana Beauty (via Kramer) – ingresso riservato agli iscritti FAI
Nel quadrante est di Milano, subito fuori dalle mura spagnole, vide la luce alla fine del XIX secolo il monastero benedettino del Santissimo Sacramento, successivamente danneggiato durante i bombardamenti su Milano nel corso della Seconda Guerra Mondiale e ricostruito nel 1953. A un secolo dagli eventi bellici, nello storico edificio ottocentesco di via Kramer in cui ancora oggi dimorano le monache di clausura, nasce nel 2023 la sede della neocostituita Dolce&Gabbana Beauty. La sede che si ammira oggi è il frutto di un importante intervento di recupero e di riqualificazione architettonica e l’armonica commistione di antico e moderno si apprezza negli uffici e negli spazi di rappresentanza. Qui, rivestimenti in quarzite nera e marmo di Candoglia fanno da tappeto alla lunga galleria culminante in una cappella in cui è presente la statua di Sant’Ignazio Martire (opera di Pietro Ferroni datata 1811-12), in prestito dal Duomo di Milano nell’ambito dell’iniziativa di mecenatismo “Adotta una Statua” promossa dalla Veneranda Fabbrica del Duomo in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano. Un’opportunità per valorizzare statue non più in opera sul Monumento rendendole nuovamente fruibili, con lo scopo di avvicinare la cittadinanza ai bisogni della Cattedrale.  Sulla navata a piano terra si affacciano quattro sale identiche con ancora evidenti le persistenze strutturali delle originali pareti in mattoni e soffitti alti sei metri. Sul fianco destro dell’imponente corridoio, a chiusura dell’antico chiostro di clausura, sono installati dei serramenti fissi con vetro cannettato, chiusi da un grande cancello in ferro. L’eccezionalità dell’apertura consiste nella scoperta di una realtà imprenditoriale globale, ma con radici meneghine, che muove i suoi primi passi all’interno di un bene storico. Un interessantissimo esempio di rivalutazione del tessuto storico milanese attento al suo passato ma con una visione internazionale e rivolta al futuro.
Galtrucco
Marchio storico della celebre azienda di tessuti della Lomellina di fine Ottocento, la Galtrucco deve la sua notorietà, oltre che alla qualità dei tessuti, alla bellezza delle sue vetrine, al rapporto con i grandi stilisti, all’architettura e agli arredi dei negozi ideati da rinomati progettisti. Il Salone dei Tessuti vide la luce intorno al 1925, quando la famiglia acquistò un vecchio capannone in via San Gregorio 29 per demolirlo e costruirvi una nuova palazzina in stile neogotico destinata ad abitazione e a magazzino per stoccaggio/controllo qualità e metraggi dei tessuti. Cessata la vocazione originaria, il Salone è stato ristrutturato nel 2005 per divenire uno spazio per eventi o esposizioni legati soprattutto a moda e design, pur mantenendo le sue caratteristiche originali: pavimento in legno, colonne con capitelli in stucco, termosifoni in ghisa, boiserie con gli sportelli per l’accoglienza dei clienti e i tavoloni in rovere massiccio per l’esposizione dei tessuti. Galtrucco conserva inoltre l’archivio aziendale, composto da testimonianze della ricostruzione del centro cittadino nel dopoguerra, da fotografie dai primi del ‘900 agli anni Novanta, articoli di giornale, cartoncini pubblicitari, illustrazioni di Brunetta e 299 bozzetti, di cui 160 figurini con modelli degli anni ’50, che costituiscono testimonianza dell’epoca d’oro della moda milanese.

Palazzo Marino
Situato nella zona monumentale ottocentesca post-unitaria del centro storico, Palazzo Marino è sede del Comune di Milano dal 1861. Commissionato dal banchiere e commerciante genovese Tommaso Marino per farne la sua residenza, è un capolavoro assoluto della storia dell’arte manierista, costruito fra il 1557 e il 1563 su progetto dell’architetto perugino Galeazzo Alessi, da tempo trasferitosi a Genova e appositamente convocato per l’occasione. Orientato in origine verso Piazza San Fedele, dopo l’Unità d’Italia – divenuto sede comunale – fu concluso con la nuova facciata su Piazza della Scala, grazie all’importante lavoro di restauro di Luca Beltrami nel 1886 che ebbe seguito a un lungo periodo di decadimento dell’edificio. In occasione delle Giornate di Primavera il pubblico potrà attraversare il cortile d’onore originale del Cinquecento, con la raffigurazione a bassorilievo delle Fatiche di Ercole e delle Metamorfosi di Ovidio, per visitare il Salone d’onore con le Muse affrescate dalla scuola dei genovesi Andrea e Ottavio Semino, le Quattro Stagioni a opera di Aurelio Busso e i busti giganti di Marte e Minerva in cocciopesto. L’eccezionalità della visita consiste nell’occasione di ripercorrere un pezzo di storia milanese, quella del primo palazzo cittadino che è anche uno scrigno d’arte e di storia, normalmente chiuso al pubblico. Durante l’itinerario che partirà da Piazza della Scala, si potranno ammirare in sequenza la Sala Marra, la Sala Consiliare, la Sala dell’Orologio in cui sono attualmente esposte le bandiere olimpiche, la Sala della Giunta, con strappi di affreschi di Giambattista Tiepolo, per poi tornare nuovamente in Piazza della Scala.

L’Ippodromo Snai San Siro tra natura, arte e cavalli

Polmone verde, location polifunzionale, e soprattutto luogo aperto alla cittadinanza, in grado di accogliere tutti gli sport equestri ma anche arte e musica, dove passato e futuro possono incontrarsi e regalare ai cittadini un connubio di storia e innovazione. Realizzato dall’architetto Paolo Vietti Violi, l’Ippodromo Snai San Siro venne inaugurato nell’aprile 1920. Il complesso – che si distingue per il suo unico stile liberty – è composto da piste per le corse, campo di gara per l’equitazione, piste di allenamento, tribune e scuderie immersi nel verde. Di proprietà di Snaitech, l’impianto è unico nel suo genere, sia per la vastità degli spazi che per la coesistenza di valori ambientali, architettonici e culturali. Dal 1999 l’Ippodromo Snai San Siro ospita il Cavallo di Leonardo, la scultura di Nina Akamu realizzata sulla base dei disegni di Leonardo da Vinci: collocato davanti a uno degli ingressi principali, il Cavallo ha dato il benvenuto a quasi un milione di visitatori che hanno visitato l’Ippodromo in questi anni. Il Cavallo di Leonardo sarà una delle tappe del percorso FAI previsto quest’anno, oltre a spazi normalmente non accessibili al pubblico come la Palazzina del Peso, la sala Bilancia e il cortile per l’insellaggio. Infine, la grande novità di questa edizione, sarà la nuova Tribuna del Trotto, ex tribuna secondaria, recentemente restaurata e riportata al suo antico splendore.

Stazione Carabinieri – Compagnia Milano Duomoingresso riservato agli iscritti FAI
La piccola piazza San Sepolcro, con le sue stradine che la circondano, può essere considerata il centro della Milano archeologica, vero e proprio cuore dell’antica Mediolanum, su cui affacciano antiche chiese, musei d’alto valore culturale, palazzi nobiliari delle grandi Signorie e importanti architetture del Novecento. In particolare, su Piazza San Sepolcro sorge il quattrocentesco Palazzo Castani – rimaneggiato nel Settecento – della cui antica origine rimane traccia nel portale al centro della facciata. La sua storia si intreccia saldamente con quella del Novecento, poiché proprio a Palazzo Castani il 23 marzo 1919 Benito Mussolini fondò i Fasci di Combattimento. Nel 1936, sempre per volontà di Mussolini, questo edificio divenne la sede della “Casa del fascio primogenito” e i lavori per il suo ammodernamento vennero affidati all’architetto Piero Portaluppi che ne ampliò i due lati. Questi interventi sono visibili ancora oggi, in particolare sull’attuale facciata prospiciente via Fosse Ardeatine. Infatti, seguendo il gusto tipico del ventennio fascista contraddistinto da un ritorno al modello dell’arte e della architettura classica, è possibile notare l’ingresso principale rivestito con lastre di granito chiaro e liscio, e con le decorazioni sempre in facciata di quattro vittorie alate. Sempre degli anni Trenta è la Torre Littoria, svettante su piazza San Sepolcro proprio accanto alla facciata antica di Palazzo Castani. All’interno dell’edificio è possibile ammirare un’ampia sala che, al tempo in cui era la sede della Casa del Fascio, fu adibita a sacrario, con pareti ricoperte di granito scuro e ruvido e sul cui soffitto si possono ancora ammirare cinque vittorie alate in bassorilievo realizzate dallo scultore Lucio Fontana. Attualmente l’edificio ospita i comandi dell’Arma dei Carabinieri: Gruppo Milano, istituito nel 1973, Compagnia Milano Duomo, istituita nel 1965 e Stazione Milano Duomo Principale.
Ex Palazzo del Banco di Roma, noto come Palazzo Edison (DLA Piper) – ingresso riservato agli iscritti FAI
La sede milanese dello studio legale DLA Piper sorge nel distretto degli Affari, dove trovano sede altri istituti bancari e istituzionali. Nato come palazzo del Banco di Roma, l’edificio fu costruito tra il 1938 e il 1941 dall’architetto Cesare Scoccimarro nella centrale Piazza Edison, in un lotto di forma triangolare. L’architettura è monumentale e caratterizzata dalla facciata concava del torrione che fa da quinta a Piazza Edison, sulla quale si affaccia. Sul torrione domina un bassorilievo raffigurante la Lupa che allatta Romolo e Remo, mentre sui due lati di Via Bocchetto e Via della Posta sono raffigurate la Dea Roma e Sant’Ambrogio. Nel 2015, il palazzo è stato completamente ristrutturato nelle sue parti interne per accogliere le esigenze degli attuali uffici, mentre sono state restaurate e preservate le parti architettoniche di maggior pregio, quali gli esterni, i fregi e la scala decorata a mosaico. La visita in occasione delle Giornate FAI prevede un percorso verticale: dall’ingresso al piano terra si salirà fino al settimo piano, dalla cui terrazza si gode di una magnifica vista a 360° sulla città, per scendere quindi fino al piano – 4 alla scoperta del labirintico rifugio anti-aereo.
Lo scrigno del barocco lombardo: Santuario di San Giuseppe
La chiesa sorge in via Verdi, nei pressi del Teatro alla Scala, sul confine del quartiere conosciuto come la “Contrada degli Andegari”, che fu tra le prime a Milano a essere pavimentate con mattoni disposti a spina di pesce. Nel 1503 fu fondato il Luogo Pio di San Giuseppe, deputato all’assistenza di giovani donne non sposate. In seguito alla visita del cardinale Carlo Borromeo nel 1568, si realizzò quanto la chiesa fosse ormai troppo piccola per le esigenze dei fedeli della parrocchia, per cui nel 1575 se ne decretò l’ingrandimento, con un progetto affidato a partire dal 1607 a Francesco Maria Richini. Soppresso nel 1784 il Luogo Pio di San Giuseppe nell’ambito delle riforme giuseppine, la chiesa venne chiusa al culto fino al 1809; il Santuario è oggi di proprietà di Intesa Sanpaolo. La chiesa di San Giuseppe è considerata come uno degli edifici più rappresentativi del primo barocco lombardo, nonché uno dei capolavori del Richini: punto di stacco con l’architettura manierista, servì da prototipo per le chiese barocche nell’uso della pianta longitudinale, specialmente nel nord Italia e talvolta in Europa centrale. La facciata, chiaramente ispirata alla chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano di Carlo Maderno, contribuisce a farne un interessante esempio di architettura di tradizione lombarda aggiornata ai nuovi gusti barocchi emergenti a Roma. Lo schema della facciata, con nicchie, colonne e lesene e finestrone fu riutilizzato dallo stesso Richini nel progetto per la facciata della Chiesa di Santa Maria alla Porta. Nelle cappelle laterali e nel presbiterio si scorgono capolavori di autori lombardi quali Giulio Cesare Procaccini, Montalto, Andrea Lanzani. Il complesso dell’altare maggiore, risalente al XVIII secolo, presenta i tipici caratteri della scultura tardo barocca, ed è realizzato in marmi policromi con aggiunte di pietre pregiate.

Sky Italia: nel cuore della Tech-Media Company) – ingresso riservato agli iscritti FAI

Il quartiere di Rogoredo/Santa Giulia rappresenta un esempio perfetto di riqualificazione della periferia. Da diversi anni vive un importante processo di trasformazione con la costruzione di edifici destinati alla realizzazione di un business district ispirato al principio della sostenibilità. L’obiettivo è altresì l’apertura di luoghi destinati alla collettività, favorendo occasioni di aggregazione e di incontro per tutto il quartiere. I residenti potranno quindi contare su luoghi aperti per lo sport e il tempo libero, così come servizi e commercio di vicinato, in risposta alle proprie esigenze. La struttura architettonica di Sky si compone di 2 edifici collegati da un bridge. Il Building 1, dedicato alle aree tecniche, è il cuore pulsante della sede e può contare su diversi Studi televisivi. Il Building 2 ospita le redazioni editoriali (Sky Sport, Sky TG24) e le direzioni di staff. La visita comincerà nella Hall situata al piano terra del bridge, dove i visitatori avranno l’occasione di approfondire le molteplici iniziative intraprese da Sky per minimizzare l’impatto ambientale delle proprie attività: ad esempio, come l’azienda è riuscita a diventare carbon neutral dal 2006, e come sta lavorando per rispettare l’impegno di dimezzare le proprie emissioni entro il 2030. Proseguirà poi all’interno del Building 1, dapprima attraverso gli Studi al piano terra, e a seguire attraverso le Regie al piano 1.Ad esempio: negli Studi 2 e 6, che sono i più grandi, è dove vengono realizzate le produzioni di punta; lavorano per lo più su dirette ed eventi live; possono contare su ledwall ad altissima risoluzione, che permettono di ricorrere alla realtà aumentata per ricreare elementi grafici che contribuiscono ad arricchire la narrazione del programma e a produrre un’esperienza completamente immersiva. Lo Studio 3, chiamato anche Infinite, è lo studio green di Sky: un limbo verde che permette di ricreare scenari sempre diversi, con macchine grafiche molto performanti che reindirizzano la scenografia in tempo reale e riescono ad adattarla in prospettiva, in base all’angolo di ripresa in uso in quel momento. Lo Studio 6 è la Casa dello Sport! Questo studio accoglie le produzioni live di Sky Sport 24, tutti gli show pre- e post-partita di Champions League, Europa League, Serie A e Serie B, Sky Calcio Club e tutte le Produzioni Originali di Sky Sport. Al primo piano del Building 1 visiteremo poi le 6 regie, tutte full HD, di cui 2 dedicate alla Remote Production (per Formula 1 e MotoGP). Le regie video, composte da circa 12 postazioni, sono attive sulle produzioni più impegnative e presidiate da varie figure tecniche. In regia audio sono presenti gli strumenti di controllo dei radiomicrofoni. Infine, le sale apparati ospitano le parti elettroniche delle macchine in utilizzo nelle regie. Torneremo poi nella Hall al piano terra per terminare la nostra visita.

Mirabello, Villa/Cascina rinascimentale in un’oasi di verde

Protagonista del quartiere “Maggiolina” è Villa Mirabello, dimora-cascina quattrocentesca, oggi sede della Fondazione VILLA MIRABELLO Onlus. L’area fu acquistata dalla famiglia Mirabello nel XV secolo e nel 1445 entrò in possesso di Pigello Portinari, un nobile fiorentino che vi fece costruire un complesso a metà tra un casino di caccia e una villa di delizia. Dopo essere stata possedimento dei Landriani, dei Marino e dei Serbelloni, dalla seconda metà del Cinquecento la Villa, utilizzata a soli fini agricoli, andò incontro a una triste decadenza interrotta solo dai restauri di inizio Novecento ad opera degli architetti Perrone e Annoni. Dal 1920 è sede della Casa di lavoro e patronato per i ciechi di guerra di Lombardia, che nel maggio 2011 si è trasformata nella Fondazione VILLA MIRABELLO Onlus. Il complesso di Villa Mirabello si struttura secondo una disposizione ad L. Internamente, conserva le decorazioni araldiche dei Landriani e dei Brivio e alcune tracce di affreschi. All’esterno, presenta una facciata tardogotica in mattoni a vista, con finestre archiacute, spalle in cotto e intonaco graffito. Al centro del piccolo cortile a loggiato si trova la vasca del “mangia bagaj”, il drago visconteo, una copia realizzata da Luca Beltrami su modello dell’opera originale proveniente dal Castello di Vigevano. A chiudere la corte c’è l’ala dei rustici, aggiunta al nucleo originario assieme al camminamento coperto che collega la Villa alla adiacente cappella di preghiera dedicata alla “Mater Amabilis”, con affreschi risalenti al Quattrocento. Durante le giornate FAI di Primavera, i visitatori scopriranno le stanze affrescate, recentemente restaurate, all’interno del complesso di Villa Mirabello, che racchiude 6 secoli di storia, e il segno lasciato dalle varie famiglie che ne furono proprietarie, dai Mirabello, ai Portinari, ai Landriani, ai Marino, sino ai Serbelloni-Brivio e vedranno la ristrutturazione dell’edificio ad opera di Luca Beltrami. Oggi la Fondazione Villa Mirabello ONLUS si dedica ai servizi per i più fragili con attenzione agli ipo e non vedenti e a ospitare eventi artistici – culturali e formativi.

Provincia di Milano

Colturano

Palazzo Fregoso

Sorto in epoca medievale, molto probabilmente come grangia dell’ordine Cistercense o degli Umiliati, il complesso appartenne tra i secoli XIV e XV ad alcuni rami della dinastia Viscontea, passando poi al cavaliere Antonio Fileremo Fregoso, poeta e gentiluomo alla Corte ducale degli Sforza, a sua volta sposato con la nobile Fiorbellina Visconti. In seguito, tra i secoli XVI e XVII, i discendenti del Fregoso suddivisero l’edificio in varie proprietà, che pervennero rispettivamente all’Ospedale della Pietà di Milano poi divenuto Pio Albergo Trivulzio e ai conti Scotti Gallarati. Nel Novecento giunse la famiglia Rossi ed infine ai due attuali proprietari Meloni e Maddinelli. L’apertura nelle Giornate FAI prevede la scoperta del palazzo, normalmente non fruibile perché proprietà privata, mediante un itinerario composto da cinque soste che abbraccia un periodo storico che parte dal 1300 fino ad arrivare ai giorni nostri. La storia del Cavaliere Fregoso, poeta cortigiano che si ritirò in esilio volontario nel suo feudo a Colturano dove compose le sue più importanti opere, sarà protagonista della prima parte della visita. In seguito, sarà possibile accedere ad alcune sale del primo piano per scoprire quel che resta degli affreschi biblici e le trasformazioni del palazzo in luogo di lavoro agricolo nel corso del ‘900 dove si coltivava il grano, si faceva il burro e il formaggio. I recenti restauri, effettuati nelle parti esterne, hanno riportato all’antico splendore questo palazzo annoverato fra le antiche dimore storiche italiane e che conserva la stratificazione di secoli di storia che ne hanno mutato più volte l’uso. Nel corso del restauro sono venuti in luce affreschi rinascimentali che potranno essere oggetto di successivi restauri.

Cassano D’Adda

Cassano D’Adda: un museo diffuso

In Giornate FAI si percorrerà un itinerario urbano, passando per il Centro Storico di Cassano, osservandolo come un vero e proprio Museo diffuso. Si presenterà il Castello Visconteo, trecentesco, poi integrato con parti quattrocentesche, l’esterno ed il cortile interno con i suoi affreschi. Si passerà poi al seicentesco Oratorio di San Dionigi, decorato con un ciclo di affreschi ispirati alla vita del Santo; di particolare rilievo quelli del Fiamminghino. Poi la settecentesca Casa Berva, che mostra rari affreschi a soggetto ornitologico, segno della cultura illuminista del tempo, interessata alla natura e curiosa rispetto le nuove specie portate dalle terre lontane che venivano esplorate. Unitamente all’interesse scientifico oggettivo, le decorazioni presentano pregevoli trompe-l’oeil architettonici. Di fronte, si apre il parco Belvedere, originariamente della vicina Villa Rosales, ora parco pubblico comunale. Infine, Palazzo Somaglia, di fine ‘600, contaminazione tra il barocco del secolo uscente e lo stile settecentesco.

Corbetta

Palazzo Brentano

Nel 1731 il conte Carlo Giuseppe Brentano acquistò l’area e contattò fin dall’inizio il famoso architetto milanese Francesco Croce per affidargli il progetto della costruzione che si concluse nel 1738. I Brentano lo possedettero fino al 1839 quando passò agli eredi e da questi ai Carones. Nel 1935 Enrico Pagani, podestà di Corbetta, lo cedette alla congregazione dei Padri Somaschi che vi insediarono un istituto scolastico tuttora funzionante. Il palazzo è articolato sul tipico schema a “U” delle ville di delizia del Settecento. La visita al Palazzo, solitamente non aperto al pubblico, sarà l’occasione per vivere l’esperienza di contrasto tra il suo glorioso passato e l’attuale necessario utilizzo quale istituto scolastico, teso a preservarne al meglio l’integrità storica e architettonica. Attraverso il grande cancello ed il cortile d’onore si accede al corpo centrale preceduto da un’ampia scalinata di granito rosa. Dopo gli ambienti del piano terra e il grande salone d’onore, si passerà al piano nobile attraverso il monumentale scalone. Realizzato in granito, affiancato da una splendida balaustra in pietra arenaria grigia traforata a motivi decorativi e pilastri con vasi e fiamme in ferro battuto.

 

Provincia di Lecco

Cremella

Villa Del Bono

La Villa fu edificata per volere di Rodolfo Sessa (defunto nel 1912) e di sua moglie Anna Fumagalli (defunta nel 1932) tra il 1890 e il 1895 su progetto all’architetto milanese Cecilio Arpesani. La presenza della famiglia Sessa a Cremella, risale al 1874 quando Carlo Sessa, grande industriale milanese, acquistò la villa Kramer e tutto l’antico monastero delle Benedettine che domina la collina di Cremella. Sul finire del secolo, dato che la villa del padre, venne ereditata dal fratello maggiore Francesco, Rodolfo e la moglie decisero di edificare una dimora ex novo. Nel 1934, la proprietà venne venduta al Senatore Alberto Del Bono, Ammiraglio della Flotta Italiana e Ministro della Marina del Regno d’Italia (1917-1919). I Conti Del Bono sono gli attuali proprietari. La Villa fu progettata e realizzata in stile neorinascimentale toscano, mentre il parco, di particolare pregio arboreo, fu pensato e realizzato all’inglese. Alla villa si accede attraverso un viale alberato che, giunto all’altezza della portineria, si trasforma in vialetti romantici aprendosi sullo splendido parco all’inglese di 60000 mq, attraverso il quale si accede alla villa, che appare come una visione in cima alla collina. L’apertura, nelle giornate FAI, prevede la visita attraverso il Parco, l’esterno delle scuderie caratterizzate da capriate reticolari in metallo, l’area della piscina, interessante realizzazione degli anni Sessanta del Novecento e la casa padronale. Saranno visitabili tutti gli ambienti del piano nobile, dedicato alle stanze d’uso comune e del piano primo, con le camere da letto e le sale da bagno. L’interno è interamente arredato in modo molto raffinato e presenta mobili, pavimenti, marmi, serramenti, boiserie, tappezzerie, quadri e sculture originali. Sarà l’occasione per godere della ricchezza e della complessità di ambienti progettati in modo unitario: dal parco all’edificio, dalle finiture, ai mobili e agli oggetti.

Mandello del Lario

Torre Federico Barbarossa I a Maggiana

La Torre del Barbarossa è situata nel centro abitato di Maggiana, una frazione di Mandello che si trova sul Sentiero del Viandante. La posizione della fortificazione era strategica e difensiva, in quanto si trova su un’altura che domina il lago. La costruzione risale al XII secolo ed è una delle torri medievali meglio conservate nella zona del Lago di Como. Durante i secoli ha subito delle modifiche, come l’aggiunta di una terrazza panoramica effettuata nel XIX secolo. La Torre presenta una base quadrata e conserva la porta ogivale d’ingresso originaria, oltre che alcune feritoie verticali a cui si accompagnano altre finestre inserite a partire dal Cinquecento. All’interno si trovano gli ambienti risalenti all’epoca di edificazione: citiamo tra i più interessanti quello con soffitto dipinto prima di raggiungere la terrazza, della cui bellezza purtroppo rimangono visibili pochi tratti. La denominazione “Torre del Barbarossa” nasce dal legame con l’imperatore Federico I che, durante la sua campagna militare contro i comuni lombardi, trovò qui rifugio. Oggi la Torre è di proprietà del Comune di Mandello del Lario ed è gestita dall’Associazione Gruppo Amici di Maggiana. Durante le Giornate FAI i visitatori saranno accompagnati nella scoperta della Torre dalle guide degli Amici di Maggiana

 

Provincia di Bergamo

Zogno

Zogno, con i suoi oltre 8 mila abitanti distribuiti fra capoluogo e numerose frazioni, è il centro abitato principale della valle Brembana, a 16 Km da Bergamo. Nell’itinerario pensato per le Giornate FAI si andrà alla scoperta di alcuni luoghi dall’alto valore simbolico e spirituale, come la Casa Villa di Bortolo Belotti, di proprietà del Comune e gestita dalla Biblioteca, che fu dimora dello storico zognese e parlamentare del Regno d’Italia Belotti. La villa, trasformata da Giovanni Barboglio nel 1906 da abitazione civile in signorile dimora liberty, vanta anche un giardino di circa 5.000 metri quadri con alberi pregiati, vialetti e gradinate, nonché di alcune opere d’arte come il Convito dei Grandi Brembani di Nino Galizzi, la stele del Saluto all’ospite, sempre del Galizzi, l’edicola della Madonna, le statue dei leoni, il busto del Gioppino, la statua della Fede, l’epigrafe Hyeme et aestate e la lapide tassesca. Oltre alla pinacoteca con ventisei opere di grande pregio, al piano nobile è sistemato lo studio che, arredato con mobili originali, custodisce l’archivio di Bortolo Belotti, nel quale si possono trovare anche lettere autografe di D’Annunzio. E ancora, si visiterà la Chiesa parrocchiale di San Lorenzo, edificata a metà Quattrocento sui resti del Castello di Zogno, che conserva un monumento funebre di Sebastiano Panizzoli, oltre a tele, affreschi strappati e mobili antichi, tra cui un bellissimo armadio con cassettiere del Seicento. Altri luoghi normalmente chiusi al pubblico che si potranno scoprire in questa occasione sono il Monastero di clausura di Santa Maria Annunciata -ingresso riservato agli iscritti FAI-, con i suoi parlatoi con doppia grata e le finestrelle per il passaggio dell’ostia durante il rito della Comunione e la Casa parrocchiale seicentesca.

 

Brescia

Palazzo Gaifami (sede della Croce Bianca)

Palazzo Gaifami sorge nel centro di Brescia, nelle vicinanze delle mura veneziane. Di probabile origine cinquecentesca, fu radicalmente trasformato tra il 1742 e il 1744 dalla famiglia Gaifami, che ne fece una grandiosa residenza cittadina e l’impronta estetica settecentesca si apprezza specialmente nello scalone monumentale. Vincenzo Gaifami, parvenu di una famiglia che grazie a uno stratagemma riuscì a inserirsi nell’alta nobiltà bresciana, volle fare del palazzo un’affermazione di ricchezza e potenza. Con la morte dei suoi figli, la famiglia si estinse, e il palazzo nel 1941 fu acquistato dalla Croce Bianca, che ancora oggi ne detiene la proprietà. Le decorazioni pittoriche, realizzate entro la metà del Settecento, rappresentano la più importante eredità di Carlo Innocenzo Carloni (o Carlone) a Brescia. Molto attivo in Europa, riconosciuto come artisticamente paritario al Tiepolo, in Italia lavorò pochissimo. Il suo stile, che porta alle estreme conseguenze le armonie coloristiche del Rococò Internazionale, giunge nel palazzo Gaifami al suo apice. Il suo apparato figurativo è inserito in un sistema di quadrature architettoniche dipinto da Carlo Molinari e Vittorio Zanardi. La bellezza e la luminosità delle opere, in parte restaurate, permettono di apprezzarne lo stile. Inoltre, si potranno ammirare alcune opere del pittore bresciano Francesco Paglia, conservate nel Palazzo per volere della Fondazione Brescia Musei (tra cui il capolavoro seicentesco Ritratto di Dama recuperato da Massimo Minini).

 

Provincia di Brescia

Rodengo Saiano

Abbazia Olivetana

L’Abbazia Olivetana dei Santi Nicola e Paolo VI sorge nel cuore della Franciacorta, a soli 15 km dalla città di Brescia. Fondata nel XI secolo, fu affidata nel 1446 ai Monaci olivetani che ampliarono notevolmente la struttura cluniacense sorta prima de1050, allargando la chiesa, costruendo i primi due chiostri, impegnandosi nella bonifica dei territori circostanti e dando vita a efficienti aziende agricole. Obbligati a lasciare il complesso con la soppressione napoleonica del 1797, hanno potuto farvi ritorno nel 1969, grazie all’intervento di papa Paolo VI e dal 2019, come segno di riconoscenza, è stata dedicata ai Santi Nicola e Paolo VI. Al termine di un lungo viale alberato si staglia la chiesa quattrocentesca accanto alla quale si sviluppa il complesso monastico organizzato intorno a tre chiostri: attorno al Chiostro della Porta erano disposti ambienti dedicati alle attività economiche e amministrative; sul Chiostro grande affacciavano la foresteria, l’infermeria, il refettorio e alcune sale di servizio; sul principale, detto il Chiostro della cisterna, si trovavano la sala capitolare, oggi utilizzata come cappella, e la sacrestia. Al primo piano le stanze affrescate e la biblioteca costituivano gli appartamenti dell’abate, mentre le celle dei monaci sono disposte su una lunga galleria, impreziosita da due trifore affrescate, di cui una a trompe l’oeil. L’abbazia è rinomata per conservare diverse opere pregevoli, come alcuni raffinati intarsi lignei quattro-cinquecenteschi e affreschi di alcuni dei più celebri artisti bresciani, chiamati ad abbellire il complesso fra il ‘500 e il ‘600, quali Girolamo Romanino, Lattanzio Gambara, Pietro Marone, Francesco Giugno. Durante le Giornate di Primavera, gli iscritti FAI potranno eccezionalmente visitare il primo piano, solitamente inaccessibile, con l’appartamento dell’Abate, la biblioteca e tre stanze secentesche affrescate. Potranno inoltre visitare il Chiostro maggiore e costeggiare il muro con le aperture che danno luce al refettorio sottostante, per ammirare da vicino gli affreschi. La visita all’Abbazia è invece aperta a tutti.

Artogne

Passeggiata tra Palazzo Federici, Vaso Ré e Mulino

Artogne è un borgo di Valle Camonica dalla lunga storia, sorto lungo l’antica “via Valeriana” principale arteria di collegamento per la valle la cui espansione e trasformazione nei secoli si ricollega alla presenza di nobile famiglie locali ed attività tradizionali di cui ancora oggi si individuano le tracce. Il percorso proposto sarà ad anello ed inizierà addentrandosi in una corte privata di origine medievale – probabilmente appartenuta alla nobile famiglia camuna dei Federici che nel borgo ha lasciato molte tracce di sé. Il percorso proseguirà tra antiche mura e grandi spazi, utili per comprendere l’imponenza dell’abitazione nel passato, si scorgerà anche un singolare affresco votivo datato alla metà del 1500. La conclusione del percorso sarà dedicata al cosiddetto “Canale Opificieri”, antico condotto artificiale comunemente conosciuto anche come Vaso Ré, che derivando l’acqua dal torrente a monte dell’abitato, azionava le ruote di mulini e fucine sfruttandone l’energia per la loro produzione. Un aspetto straordinario del borgo soprattutto perché conservato nel corso dei secoli nonostante la chiusura degli opifici con l’avvento della modernità. Lungo il tratto ancora oggi visibile del Vaso Ré si potrà visitare l’antico mulino ora chiuso al pubblico.

 

Como

Teatro Sociale di Como

Inaugurato il 28 agosto 1813, festeggiando recentemente i suoi primi 200 anni di storia, il Teatro Sociale di Como fu simbolo del dinamismo culturale e letterario della città lombarda. Sorto, per volontà della Società dei Palchettisti, sulle fondamenta del Castello della Torre Rotonda, fortezza medievale della famiglia Rusca, fu progettato dall’architetto Giuseppe Cusi, e successivamente l’intervento di Luigi Canonica, massimo costruttore di teatri dell’epoca, fu decisivo per la conclusione dei lavori della facciata. Il Teatro Sociale rappresenta il motore dell’esperienza culturale cittadina, poterlo vivere alla luce del giorno, non solo per la sua qualificata stagione artistica, permetterà ai visitatori delle Giornate FAI di Primavera di coglierne dettagli unici e noti solo agli addetti ai lavori. Dal foyer sarà possibile accedere alle quinte e raggiungere un luogo di rara bellezza, l’origine del Teatro, ovvero le fondamenta medievale su cui sorge l’intero edificio. Passando dai camerini storici, ci si potrà addentrare tra le file della platea e alzando lo sguardo ammirare la volta raffigurante le Muse incoronartici. Dal Palco d’Onore si potrà accedere alle sale del Ridotto per concludere un percorso immersi in un altro spazio inedito e inimmaginabile raffinatezza: alcuni spazi sono finemente decorati con gessi e affreschi dai toni chiari e dalle linee a violinate raffiguranti putti o strumenti musicali, altri caratterizzati da soffitti a cassettoni in legno. Sarà un’occasione per apprezzare un “monumento” della città e osservare il profilo architettonico circostante, tra sacro e profano, da una prospettiva inedita. Questo sito fa parte dell’Itinerario europeo delle Giornate FAI di Primavera, beneficiando di fondi europei PNRR – programma attrattività dei borghi storici.

 

Cremona

Collegio della Beata Vergine

Il Collegio femminile della Beata Vergine, istituzione religiosa costituita nel 1610, sorge in pieno centro a Cremona, nelle immediate vicinanze del sito dei Gesuiti. L’edificio, che ancora oggi ospita una struttura per l’educazione scolastica, consta di due parti, per consentire la convivenza tra la destinazione scolastica e la residenza della comunità religiosa: la prima è un palazzo aristocratico – già della famiglia Ala – trasformato in scuola, la seconda è il vero e proprio collegio, più antico del palazzo seicentesco e, in contiguità con esso, collegato da un corridoio. L’impianto architettonico si sviluppa intorno a una corte centrale, in cui le funzioni risultavano suddivise nelle diverse maniche con gli spazi accessibili a visitatori “esterni” direttamente dalla strada. L’edificio consente di apprezzare i caratteri costruttivi delle diverse fasi: soffitti lignei ornati di epoca seicentesca, lo scalone di gusto barocchetto nell’ex palazzo della famiglia Ala, una stratificazione di volte, intonaci dipinti, serramenti, pavimenti rari e di pregevole valore. In quanto convento di clausura, solitamente non è accessibile al pubblico e la navata della Chiesa di San Cristoforo sarà svelata per la prima volta in assoluto in occasione delle Giornate FAI. Inoltre, saranno aperti alcuni saloni e lo scalone del palazzo della famiglia Ala, con stucchi e decorazioni del XVIII secolo e un antico orologio a pendolo del 1750. Nella parte del Collegio saranno aperti la chiesa, con tele dipinte di grande interesse, la sagrestia lignea, e alcuni ambienti affacciati sui lunghi corridoi.

 

Provincia di Lodi

Crespiatica

Villa Cavezzali Gabba al Tormo ingresso riservato agli iscritti FAI

La villa fu costruita dal 1836 al 1845 su progetto dell’architetto Gaetano Manfredini, su incarico della famiglia Cavezzali, proprietaria fin dalla metà del XVIII secolo del villaggio di Tormo e delle terre circostanti. Con il progressivo declino economico della famiglia la villa entrò in uno stato di abbandono, nel 1917 venne acquistata dal senatore Carlo Francesco Gabba che diede avvio a lavori di restauro. Ora è di proprietà della contessa A. Righi. La villa, che conta due piani, ha una pianta ad «U» con le ali minori raccordate da un portico a tre archi che sostiene un terrazzo accessibile dal primo piano. A sinistra della villa è posta una dépendance ad un solo piano; i due edifici sono uniti da una torre-belvedere. Il giardino, disegnato all’inglese, si estende a nord e a est della villa, ed è delimitato a nord dal fiume Tormo. A sud della villa vi sono alcuni edifici agricoli. La facciata principale, neoclassica e dominata da un frontone, è posta a nord e guarda sul giardino; la facciata secondaria, a sud, si apre sul cortile e fronteggia gli edifici agricoli, anch’essi in parte ornati da elementi architettonici neoclassici. Gli interni sono ornati da affreschi di Pietro Ferrabini; vi si conservano anche quadri di noti pittori ottocenteschi. Questa villa non è visibile al pubblico, solo i giardini sono stati aperti al pubblico in occasioni di alcuni concerti. Il percorso della visita permetterà di osservare da vicino alcuni ambienti dove ci si sentirà trasportare nei salotti culturali dell’Ottocento e si rimarrà affascinati dalla delicatezza di alcuni affreschi e da dipinti che raccontano il periodo risorgimentale.

 

Mantova

Orto Carolingio del Gradaro

L’orto-giardino dedicato a Carlo Magno è stato realizzato a Mantova presso il complesso monastico di Santa Maria del Gradaro, uno dei più antichi della città, che ospita una chiesa duecentesca e dove nel 57 d.C. fu martirizzato Longino, il soldato che trafisse Cristo con la sua lancia, sotto la croce, e che portò a Mantova la terra intrisa di sangue dove è tuttora conservata. La piantumazione è stata realizzata con fedeltà filologica, seguendo le prescrizioni del capitolare carolingio. Carlo Magno, per organizzare il vasto territorio conquistato, fondò nuovi monasteri, intesi come centri di controllo territoriale e di produzione agricola, ma questo rendeva indispensabile che vi fossero regole comuni per la gestione del territorio. Con il Capitulare de villis, diede quindi precise istruzioni per la coltivazione delle terre contribuendo a dare vita al c.d. “sistema curtense”, dove il singolo centro produceva tutto quanto gli serviva per poter essere autonomo. Sono quattro aree che compongono questo spazio di circa 700 mq, confinante con le antiche mura cittadine, introdotte da un cerro (Quercus cerris) e da una siepe di bosso: il giardino dei fiori, con rose di Damasco ed esemplari di rosa moscata, canina e gallica, l’orto e l’erbario con ortaggi, erbe officinali (salvia, prezzemolo, santoreggia, rosmarino, tanaceto) e tuberi, il vigneto che si arrampica su un pergolato centrale ed infine il frutteto (pomarium e viridarium). Il percorso porterà alla scoperta della storia di questo luogo e delle piante che vi si trovano, scoprendo quelle più curiose e con una storia da raccontare.

 

Provincia di Mantova

Castel Goffredo

Villa Maddalena

A poca distanza da Mantova e Verona, situata in un’area che un tempo era aperta campagna, Villa Maddalena è stata costruita in una zona umida e ricca di fontanili, accanto al fiume Tartarello e a breve distanza da Villa Beffa (altra apertura di Giornate FAI). Edificata tra il 1925 e il 1927 su progetto dell’architetto mantovano Guido Dall’Aglio e su commissione dei fratelli Cimarosti, la cui famiglia ne è ancora proprietaria, rispecchia uno stile eclettico tipico dell’epoca con frequenti richiami al liberty. Non si tratta di una villa nobiliare, bensì di una storia esemplare di operosità lombarda, che si rispecchia nell’arredo originario ancora conservato, progettato e realizzato su misura per conto dei committenti. All’esterno si possono ammirare fregi geometrici presenti su tutte le facciate e alcuni bassorilievi raffiguranti mascheroni che sormontano le finestre. L’arredo è stato progettato da una famosa famiglia ebanista del luogo che riprende gli elementi decorativi delle stanze. Sono presenti meravigliosi lampadari sia in ferro battuto che in vetro di Murano e soffitti decorati con pitture e stucchi; una significativa quadreria raccoglie opere di importanti artisti come Ugo Celada, pittore mantovano allievo di Cesare Tallone. Durante le Giornate FAI i visitatori saranno immersi in un’atmosfera di inizio ‘900 e potranno esplorare un luogo mai aperto al pubblico, che la famiglia che lo abita aprirà eccezionalmente. Grazie alla drammatizzazione della visita saranno raccontati aneddoti dell’epoca direttamente dalla voce di chi ha vissuto la villa.

 

Monza

U-Power Stadium

Anche conosciuto con il nome storico Stadio Brianteo, l’U-Power Stadium è un impianto sportivo multifunzionale che ha sede nella città di Monza, nel quartiere Cederna dove un tempo sorgeva il Cotonificio Cederna, emblema dell’industria tessile monzese, oltre che quartiere sede dell’Arena di Monza, palazzetto dello sport.

Dopo una lunga gestazione iniziata con la presentazione del primo progetto nel 1979, fortemente voluto dal Presidente dell’epoca di AC Monza Valentino Giambelli, il 13 novembre del 1982 viene posata la prima pietra dopo varie modifiche progettuali riguardanti l’imponente struttura che sorregge la copertura della tribuna. Lo stadio venne completato nel 1985 e inaugurato nel 1988 in occasione della partita di Coppa Italia Monza-Roma. Dal 2019, grazie all’avvento di Fininvest, l’infrastruttura è stata ammodernata con la tecnica “a cantiere aperto”, rendendolo oggi uno stadio all’avanguardia e in grado di ottenere la licenza UEFA. Ultimato a fine anni 80 il Brianteo è un esempio di architettura sportiva moderna con riferimento al tardo brutalismo dove il cemento armato a vista e le linee decise e marcate mettono in evidenza gli elementi strutturali. Il settore centrale è caratterizzato da una copertura sospesa, innovativa per l’epoca, ancorata alle due torri laterali. Gli interventi avviati nel 2019 hanno permesso di ampliare e rinnovare l’intera struttura. Gli spazi interni e la zona degli spogliatoi sono stati ristrutturati e la tribuna ovest ospita oggi 7 sale hospitality, 4 sky box, nuovi uffici e una sala conferenze polifunzionale. Intorno al terreno di gioco è stato installato un sistema pubblicitario con due file di schermi LED e l’impianto di illuminazione è stato completamente rinnovato con l’introduzione di un sistema di ultima generazione LED e regia DMX. Tra gli interventi più significativi vi è sicuramente la riapertura della tribuna est dopo oltre 20 anni di inagibilità che ha permesso di ampliare la capienza agli attuali 17.102 posti. Apriranno la visita i narratori del FAI con una introduzione sulla storia di tutti gli stadi cittadini, passando anche per il glorioso Sada. Seguirà un video che racconta il cammino del Monza dal 1912 fino ad oggi. Durante la visita culturale si potranno visitare le nuove aree interne come la splendida Rinascente Lounge e la modernissima sala conferenze. Il percorso continuerà nei luoghi culto dei calciatori come lo spogliatoio del Monza, il tunnel d’ingresso in campo e il terreno di gioco.

Vimercate

Casa Banfi – Ex Convento di San Francesco

Casa Banfi, già Convento di San Francesco, sorge nel cuore del centro storico di Vimercate. L’antico complesso si trova appena fuori le mura che cingevano il borgo medievale, dove nell’XI sec. sorgevano l’Oratorio di S. Giacomo dei Pellegrini, la chiesa di S. Giovanni e l’annesso Ospedale. Nella prima metà del XIII sec. presso queste strutture destinate all’accoglienza e al soccorso dei bisognosi si insediò una comunità francescana. Il Convento di San Francesco prosperò fino alle soppressioni napoleoniche, quando fu acquistato dalla famiglia Banfi e adattato alla funzione residenziale. Nel 1903 fu rinvenuto un affresco risalente al 1340 ca. che rappresenta la Madonna della Misericordia: la Vergine stende il manto su un gruppo di fedeli oranti. Al piano terra della torre campanaria pitture molto deteriorate raffigurano scene della vita di Cristo. All’interno di quello che fu l’Oratorio di S. Giacomo, a navata unica separata da due colonne in pietra, si conserva una meravigliosa Madonna del Latte in trono. È inoltre presente una Crocifissione di scuola giottesca datata 1354.

Casa Banfi è un luogo dove ogni pietra cela un racconto: una dimora privata di gusto eclettico primo novecentesco che affonda le radici nella storia secolare della città dove sorge. Già Ospedale medievale preposto all’accoglienza dei pellegrini e all’assistenza della popolazione, dalla metà del Duecento cuore pulsante della devozione francescana dei Vimercatesi, da oltre due secoli appartiene alla medesima famiglia, che ne custodisce le preziose testimonianze del passato: dagli affreschi trecenteschi alle collezioni di cimeli unici.

 

Pavia

Palazzo Mezzabarba

Sede principale del Comune di Pavia, Palazzo Mezzabarba sorge nel cuore della città, affacciato sulla piazza del Municipio. Ricostruito tra il 1726 e il 1732 nelle forme del barocchetto, con impianto a T, per volere dei fratelli Giuseppe e Girolamo Mezzabarba, fu in seguito arricchito di un nuovo oratorio privato, dedicato ai Santi Quirico e Giulitta e voluto nel 1734 da Carlo Ambrogio Mezzabarba vescovo di Lodi. Tutto il complesso adibito a residenza della famiglia Mezzabarba costituisce probabilmente la realizzazione parziale di un più ambizioso progetto dell’architetto Giovanni Antonio Veneroni. Il complesso è articolato su due cortili, con un corpo perpendicolare al blocco della fronte, in cui si trova il porticato da dove parte lo scalone d’onore che introduce al piano nobile. L’imponente facciata è adornata da due grandi portali e tre ordini di finestre con architravi decorati. I saloni conservano affreschi settecenteschi, in prevalenza ispirati a temi mitologici. L’interno, a pianta ellittica, conserva due pregevoli affreschi laterali del varesino Pietro Antonio Magatti, importante pittore dell’epoca: l’Immacolata Concezione e S. Carlo Borromeo. L’affresco della volta, coi santi titolari, è del milanese Bianchi. In occasione delle Giornate FAI si potranno visitare in particolare il magnifico salone da ballo (Sala della Musica) affrescato dal cremonese Giovanni Angelo Borroni, personalità di primo piano tra i pittori del Settecento lombardo e la Cappella SS. Quirico e Giulitta, ora utilizzata per celebrazioni ed eventi.

 

Provincia di Varese

Saronno

Villa Gianetti

La villa comunale Gianetti è stata costruita nel 1919 dalla famiglia degli industriali Gianetti, attivi nel settore metalmeccanico. La villa venne realizzata in stile neorinascimentale lombardo. In seguito ad una ristrutturazione delle officine Gianetti negli anni 1925 la villa è stata venduta al Comune di Saronno che l’ha destinata alla sede del municipio fino agli anni 1985. Dopo anni di inutilizzo, nel 2003 è stato realizzato un piano di recupero. La Villa Gianetti riassume in sé gran parte della storia recente della città di Saronno: il momento dell’industrializzazione (il percorso della famiglia Gianetti, industriali del settore meccanico), le vicende del XIX secolo (ben rappresentate dalla grande cantante lirica Giuditta Pasta), la seconda metà del XX secolo (il passaggio dalla proprietà famigliare a quella pubblica), il recupero della propria storia identitaria (le ristrutturazioni recenti e la definizione di spazi museali dedicati a personalità saronnesi). In quest’ultimo caso occorre segnalare che: – Il Museo imperniato sulla figura di Giuditta Pasta (Saronno 1797 – Blevio 1865) si deve alla donazione di Giorgio Cavallari e si compone essenzialmente di 667 pezzi suddivisi in documenti, manoscritti e spartiti musicali, volumi a stampa, oggetti personali e di scena della cantante lirica, oltre ad alcuni mobili della sua villa di Blevio, ritratti della stessa Pasta. – Gli spazi dedicati a Francesco De Rocchi (Saronno 1902 – Milano 1978) provengono dall’atelier milanese del pittore, mentre una piccola ma significativa raccolta del suo percorso artistico, è concessa al museo in comodato d’uso dalla famiglia.

Morazzone

Cascina Ronchetto

Cascina Ronchetto viene fondata nel 2001 da Fabio Cazzani che, insieme a sua moglie e a sua figlia volle recuperare una vocazione vitivinicola del territorio andata perduta sul finire del XIX secolo quando i vigneti dell’Alto Milanese, e in particolare quelli ricompresi nei territori della Provincia di Varese, vennero flagellati da una serie di epidemie che colpirono le viti, causando il progressivo abbandono dell’attività vitivinicola intensiva. La passione e l’impegno delle persone che lavorano a Cascina Ronchetto ha fatto sì che nel 2005 venisse riconosciuto il marchio IGT per il “Vino dei Ronchi Varesini” che qui si produce con passione e dedizione al territorio. La proprietà ha un’estensione di circa 5 ettari coltivati a vite con uve Merlot e Chardonnay per la produzione di vini bianchi, rossi, rosati e, da qualche anno, anche di un metodo classico con affinamento di oltre 60 mesi. Al centro dell’appezzamento, in posizione leggermente sopraelevata, sorge la Casa: un edificio di grandi dimensioni all’interno del quale sono collocati diversi ambienti destinati alle varie fasi produttive, come la grande sala che ospita i grandi tini termoregolati in acciaio inox con i quali, grazie a tecniche di produzione innovative, si procede alla vera e propria vinificazione delle uve raccolte. Durante l’apertura nelle Giornate FAI si visiterà il viale di accesso che, snodandosi attraverso i vigneti, raggiunge il fulcro della proprietà: la Cantina. Qui sarà possibile vedere l’area di produzione dove verranno raccontato le fasi che portano dalla coltivazione della vite, alla vendemmia, alla produzione vera e propria mediante l’uso di tecniche all’avanguardia. Scenderete poi nella vera e propria cantina, dove il vino viene affinato in botti di rovere francese prima di essere imbottigliato e immesso sul mercato.

 

Provincia di Sondrio

Chiavenna

Palazzo Pestalozzi – Luna

Palazzo principale della famiglia, costruito nel XVI secolo. Sulla semplice facciata verso la strada richiamano l’attenzione le finestre tutte incorniciate con spalle, davanzali e architravi in pietra ollare di squisita fattura che volutamente contrastano col rude e scuro intonaco delle pareti. Entrando dal portone, ampliato nell’Ottocento per permettere il passaggio di carri, si notano due portalini in pietra ollare: quello a sinistra reca al centro dell’architrave lo stemma Pestalozzi tra le sigle G. P. mentre quello a destra ha lo stemma Salis. Al primo piano si accede a destra alla stüa, il locale interamente foderato in legno intagliato e, nel soffitto, intarsiato, risalente al periodo a cavallo tra Cinque e Seicento. Più oltre sono i locali affrescati e con pavimenti originari in legno, dal 1983 sede del Centro di studi storici valchiavennaschi, attivo a Chiavenna dal 1959. Sullo stesso piano e’ il salone di rappresentanza con decorazioni pittoriche abbondantemente restaurate nel 1899; alle pareti sono appesi i ritratti ad olio su tela di componenti la famiglia Pestalozzi. L’apertura nelle Giornate FAI prevede la scoperta quindi di alcuni ambienti eccezionali, normalmente non fruibili dal pubblico. Grazie alla preziosa collaborazione con il Comune di Chiavenna, il Consorzio Turistico Valchiavenna e il Centro Studi Storici sono stati possibili aprire le splendide sale del Palazzo.