Confapi Brescia invita a non abbassare l’attenzione dal nodo degli scali

La crisi di Suez non è ancora finita e il Mediterraneo e i suoi porti si trovano ad affrontare un problema solo apparentemente controintuitivo che rischia di metterli sotto stress. Se nella prima fase della crisi legata al blocco dei traffici per i raid dei ribelli yemeniti Houthi il problema era veder deserto il traffico merci, ora si pone un’altra problematica, ovvero quella dei lunghi tempi di giacenza delle merci che condizionano diversi scali.

 

Algeciras, Barcellona e Tangeri sono stati i primi. Ma presto il problema potrebbe diventare italiano: «Il cambiamento delle dinamiche commerciali indotto dalla crisi di Suez ha prodotto un effetto-chiave – nota Andrea Muratore, analista di Confapi Brescia -. La scelta della rotta del Capo di Buona Speranza da parte di molte compagnie ha movimentato in questi mesi il traffico container intermedio tra i porti del Mediterraneo, con la conseguenza di veder accumularsi tempi e code nei settori dei trasporti».

 

I tre scali sotto stress sono tra i maggiormente attivi nel processo di trasbordo intermedio tra i cargo di taglia medio-piccola e quelli di portata oceanica, «mentre per l’Italia si stanno manifestando i due volti della crisi», nota Muratore. Da un lato, «porti che avevano fatto dell’interconnessione dal Mediterraneo all’Oceano Indiano via Mar Rosso un perno della loro attività come Genova, Livorno e Venezia hanno visto un calo degli attracchi; dall’altro, scali come Augusta, Cagliari e Napoli, orientati maggiormente all’attrazione di cargo di dimensione differente, hanno visto una crescita».

 

Per l’economia e le imprese italiane questo può generare sia opportunità che rischi: «Il problema per tutti i sistemi industriali dominanti d’Europa – nota Muratore – è che la saturazione nei traffici intermedi blocchi i flussi su lunga distanza. Per l’Italia, poi, si pone la questione di analizzare come l’ingolfamento dei porti tradizionalmente orientati al _trans-shipping _nel Mediterraneo occidentale possa potenzialmente sottrarre spazio alle merci italiane in partenza dalle nostre coste. Il _Financial Times _segnala come, ad esempio, Gioia Tauro sia, assieme a Malta, indicata come una possibile alternativa ai tre porti occidentali». Ma non finisce qui. «Questa crisi non va sprecata e deve rappresentare l’opportunità per una seria riflessione su ciò che l’Italia può e vuole essere nel settore della logistica e dei trasporti» afferma l’analista. La crisi del Mar Rosso può «offrire l’opportunità per riconsiderare la necessità di investimenti in intermodalità, retroporti, sviluppo infrastrutturale – nota Muratore – con ovvi ritorni anche sulle imprese che potranno partecipare a questo sviluppo» conclude l’analista.