Dalla crisi in nuova Caledonia alla siderurgia: un “effetto farfalla” che passa per il Nichel

Potrebbe essere l’ennesimo, proverbiale, “effetto farfalla” quello che sta andando in scena in Nuova Caledonia, territorio francese d’oltremare in preda a sommovimenti contro l’amministrazione di Parigi e ad una ripresa dell’azione indipendentista del popolo kanaki. E dalle profondità del Pacifico ai distretti industriali della Lombardia, Brescia compresa, le conseguenze stanno già iniziando a farsi sentire, alimentando dinamiche di mercato nella risorsa più strategica dell’isola, il nichel.__

 

«Il prezzo globale del nichel è salito del 13% rispetto ad aprile e di circa il 23% rispetto a un anno fa ad un valore di 20.250 dollari la tonnellata nella giornata del 27 maggio – nota Andrea Muratore, analista di Confapi Brescia -. Il timore è che la crisi della Nuova Caledonia blocchi le infrastrutture e l’accesso del nichel locale al mercato globale». «Il possedimento francese controlla il 10% delle riserve globali ed esporta nichel per oltre 800 milioni di dollari l’anno principalmente nei mercati asiatici – ha aggiunto l’analista -. Tale fattore rende possibile un raro esempio di condizionamento di un mercato di un materiale primo critico da parte di un Paese europeo, in questo caso la Francia».

 

«L’effetto Nuova Caledonia – ragiona Muratore – mostra sul piano geopolitico la forza della centralizzazione delle periferie globali, in cui spesso nascono crisi apparentemente secondarie capaci di perturbare sistemi economici a tutto campo». E, al tempo stesso, «crea effetti che non possono essere ignorati nei territori a vocazione industriale», come quello lombardo e bresciano. «Il nichel è un silenzioso protagonista di molte attività industriali – continua l’analista – e il suo ruolo è chiave soprattutto nella costruzione di leghe metalliche fondamentali per la manifattura. Si pensi all’industria

siderurgica: il nichel è fondamentale per diverse leghe, tra cui l’acciaio inossidabile, che ne contiene mediamente in una quota superiore al 10%». Dunque, ragionando, «qualsiasi shock esogeno come quello neocaledoniano trova un riflesso importante anche sui prezzi di questo materiale».

 

La provincia di Brescia ha una filiera siderurgica che sfiora i 12 miliardi di euro di valore aggiunto e, per questo, è ampiamente esposta a shock nella subfornitura di vario valore. «La crisi della Nuova Caledonia – continua Muratore – sta contribuendo a un ciclo di crescita di tutti i trend legati alla produzione siderurgica che è osservabile sul mercato dell’acciaio. Notiamo che sui principali mercati di scambio delle materie siderurgiche, dopo una discesa a fine marzo, gli acciai inox di categoria 304 e 316 hanno conosciuto a maggio scostamenti positivi di prezzo dell’1,5-2% sia a livello di tornitura che di rottame». Questo, ragiona Muratore, «indica il rafforzamento di un trend di crescita del prezzo dell’acciaio che prosegue da inizio anno e che gli operatori industriali dovranno mettere in conto: nel breve periodo, i produttori siderurgici sconteranno un prezzo del nichel superiore, nel medio periodo i trasformatori avranno da attenzionare il trascinamento sul materiale finito». Non è uno tsunami, intendiamoci.

Ma l’ennesimo effetto delle «crisi geopolitiche che bussano alle porte di casa. Dalla Nuova Caledonia alla Lombardia e Brescia – conclude Muratore -, in sistemi esposti alla globalizzazione, il passo è più breve di quanto ci si aspetti».