L’abuso della tecnologia causato dalla quarantena: si potrà tornare indietro?
C’era la vita PRIMA del CoronaVirus, c’è quella durante, ci sarà quella dopo.
E una delle cose che abbiamo visto cambiare, tutte noi mamme, è proprio l’uso, o meglio l’abuso, della tecnologia nei nostri figli. Per anni ho lottato per educare le mie figlie all’aria aperta, alle attività creative, al gioco tra di loro: avere la fortuna di essere in due va sfruttata pienamente. Abbiamo sempre viaggiato senza mai un dispositivo, non ho mai dato il mio cellulare perché si intrattenessero in momenti “difficili”, ho iniziato a limitare la tv quando ho visto che l’abuso le rendeva irritabili e difficili, ho sempre regolamentato l’utilizzo della tecnologia che pure entrambe hanno.
Nella vita normale, quella PRIMA del CoronaVirus, le mie figlie guardavano raramente la tv in settimana, mai al mattino, mai dopo cena, mai in loop, succedeva che pure per mesi non toccassero il tablet, o che non guardassero la tv per settimane se eravamo in viaggio. Era una MIA scelta, combattuta anche con mio marito, che però sembrava funzionare. Abbiamo regalato un pc a nostra figlia per il suoi 10 anni e l’aveva usato tipo due volte, PRIMA del lockdown.
E capitemi: non voglio dire che io fossi brava, io ero semplicemente così e da noi funzionava così. Era tutto oliato, non c’erano divieti rigidi, ma la routine era questa e funzionava bene. Poche e piccole regole, una vita fatta di tanti giochi e tante chiacchierate in auto o in aereo.
Poi è arrivato il lockdown.la vita PRIMA del CoronaVirus, c’è quella durante, ci sarà quella dopo.
E una delle cose che abbiamo visto cambiare, tutte noi mamme, è proprio l’uso, o meglio l’abuso, della tecnologia nei nostri figli. Per anni ho lottato per educare le mie figlie all’aria aperta, alle attività creative, al gioco tra di loro: avere la fortuna di essere in due va sfruttata pienamente. Abbiamo sempre viaggiato senza mai un dispositivo, non ho mai dato il mio cellulare perché si intrattenessero in momenti “difficili”, ho iniziato a limitare la tv quando ho visto che l’abuso le rendeva irritabili e difficili, ho sempre regolamentato l’utilizzo della tecnologia che pure entrambe hanno.
Nella vita normale, quella PRIMA del CoronaVirus, le mie figlie guardavano raramente la tv in settimana, mai al mattino, mai dopo cena, mai in loop, succedeva che pure per mesi non toccassero il tablet, o che non guardassero la tv per settimane se eravamo in viaggio. Era una MIA scelta, combattuta anche con mio marito, che però sembrava funzionare. Abbiamo regalato un pc a nostra figlia per il suoi 10 anni e l’aveva usato tipo due volte, PRIMA del lockdown.
E capitemi: non voglio dire che io fossi brava, io ero semplicemente così e da noi funzionava così. Era tutto oliato, non c’erano divieti rigidi, ma la routine era questa e funzionava bene. Poche e piccole regole, una vita fatta di tanti giochi e tante chiacchierate in auto o in aereo. Poi è arrivato il lockdown.
La didattica online. La grande, per fortuna, aveva un suo pc. La piccola usava il mio (finché per il suo compleanno non ne ha chiesto uno suo).
E ho pensato: ma dai, perché non creare una corrispondenza coi bambini in Italia? Così praticano anche l’italiano, visto che a scuola imparano il francese. Ok. E lì, oltre ai compiti, sono iniziati i vari momenti in cui “posso vedere se x mi ha risposto?”. Ma certo. Una, due, tre volte.
Poi è arrivato il momento dell’amichetta su Skype. Ma certo! Così vi vedete.
Poi sono passate ai giochi online (qui va di moda Animal Jam) mentre sono su Skype. Una cosa per me incomprensibile, ma poverine, più di due mesi in casa.
In un appartamento di 70mq, senza balcone, con un padre FISSO in call, una camera di due metri per tre. Che vuoi dire?
E così, senza che me ne accorgessi, mentre io stessa scrivevo, o stavo su Instagram, o lavoricchiavo, o cucivo, mentre io insomma vivevo la mia vita, loro passavano tutta la mattina a fare i compiti al pc, per poi trovarne una a chattare con l’amica o a giocare di nascosto.
E poi il pomeriggio, uguale. Posso? Posso? Posso?
Che fossero le mail, un telefilm su Netflix (devo ancora capire perché il padre ha installato l’applicazione sul loro pc, immagino perché non possono guardare la tv in sala dove lui lavora), Animal Jam o qualsiasi altra cosa, anche costruttiva eh, le foto su Pinterest per realizzare certe cose, o Word aperto per “scrivere un libro” (se non altro ho trasmesso qualcosa, mi rallegro). Ma SEMPRE davanti a uno schermo.
E dieci anni, dieci lunghi anni di stimoli, disegni, libri, viaggi, tutto svanito in un puf? Tutto eliminato a causa della mia imprudenza, del mio essere occupata a fare altro?
Perché non riesco nemmeno a dare la colpa alla pandemia, mica è colpa di un virus: è colpa mia che ho lasciato fare, è colpa mia che non avevo voglia di fare il cane da guardia. È colpa mia che ero più libera di mio marito che stava (sta) sempre in call. Avrei potuto ALMENO stare dietro a loro, no?
Allora da un po’ ho messo delle regole, che però devo far rispettare proprio come un cane da guardia, ricordando limiti, orari e via dicendo.
I compiti si fanno solo a tavola, insieme a noi. E si fanno tutti prima di fare qualsiasi altra cosa. La mattina è concesso, se si è finito, continuare a usare il PC ma non per giocare e non per fare videochiamate. Si può scrivere, leggere, scrivere mail, cercare tutorial o qualcosa sul web.
Dopo mangiato, è concessa un’ora di tv. Fino alle 18 circa, non è concesso nient’altro, poi possono usare il pc per fare le videochiamate e giocare o quello che vogliono. Dopo cena possono vedere UN episodio di una serie tv, se non ceniamo tardi.
È già molto più di quello che era prima, prima di tutto questo, e se da una parte mi dico che se fosse capitato a noi, alla nostra epoca, io avrei passato il tempo ad annoiarmi, da sola, senza video giochi e senza tv on demand, quindi potrebbero farlo anche loro, dall’altra mi dico che sono figlie di un’altra epoca e che dovrei provare a capire il loro mondo, anziché limitarlo e basta.
Ma è un lavoro difficile, e anche noi siamo esseri umani, e anche noi siamo stanchi di questo periodo. Noi che non controlliamo perché abbiamo da lavorare e basta che stiano zitti, noi che controlliamo perché abbiamo paura che diventino dipendenti (e vi assicuro che non tutti i bambini sono uguali: alcuni sviluppano le dipendenze molto più facilmente di altri, proprio come gli adulti). Noi che insomma brancoliamo nel buio, a volte, cercando di fare del nostro meglio, di trovare un equilibro tra l’essere bravi genitori e bravi lavoratori, esseri umani, persone.
È un gran casino. Forse ancora più di prima.
Ma voglio credere che ce la faremo, e che tutto tornerà a posto. Un giorno.
(FONTE: www.50sfumaturedimamma.com)