Covid: a 20 anni da prima mucca pazza la Fiorentina è “Doc”
A 20 anni dal primo caso di mucca pazza riscontrato in un allevamento in Italia del 12 gennaio 2021 arriva l’iscrizione nell’elenco dei prodotto tradizionali della Toscana per la bistecca fiorentina che era stata a lungo bandita dalle tavole a causa della drammatica emergenza sanitaria. E’ quanto afferma la Coldiretti nel ricordare che il 12 gennaio 2001 è stato individuato nella provincia di Brescia il primo bovino in Italia colpito dal cosiddetto morbo della mucca pazza, l’encefalopatia spongiforme bovina (Bse) diagnosticata per la prima volta in un allevamento in Gran Bretagna nel 1985 e poi diffusa in tutta Europa.
“Una dimostrazione oggettiva che – sottolinea la Coldiretti – dallo shock dell’ultima grande epidemia, prima del Covid, impressa nella memoria collettiva è nata una Italia migliore a tavola grazie alla decisa svolta green nell’agricoltura italiana sostenuta dalle scelte di acquisto dei consumatori.
La scoperta del primo caso in un allevamento italiano ha dato il via all’emergenza nella Penisola dove – ricorda la Coldiretti – sono state adottate drastiche misure di prevenzione che hanno portato da oltre un decennio alla scomparsa della Bse dalle stalle nazionali grazie all’efficacia delle misure adottate per far fronte all’emergenza come il monitoraggio di tutti gli animali macellati di età a rischio, il divieto dell’uso delle farine animali nell’alimentazione del bestiame e l’eliminazione degli organi a rischio Bse dalla catena alimentare.
Proprio queste misure hanno portato alla scomparsa per molti anni di alcuni dei piatti piu’ tipici del Made in Italy come la pajata, l’ossobuco e la bistecca fiorentina il cui esilio è finito – spiega la Coldiretti –in due fasi: prima con la liberalizzazione della bistecca alla fiorentina ottenuta da animali giovani sotto i 18 mesi di età avvenuta il 31 dicembre 2005; poi, solo il 23 aprile 2008, con l’estensione ai bovini fino a 30 mesi.
A 20 anni dal primo caso di mucca pazza, la fiorentina nostrana viene ora giustamente tutelata dall’iscrizione nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) che fa riferimento al Decreto Ministeriale 8 Settembre 1999 n. 350 e comprende specialità che sono particolarmente tradizionali e legati a un territorio e alla sua storia: dai metodi di realizzazione, conservazione, stagionatura, creazione che si sono consolidate e protratte nel tempo, secondo le regole tradizionali e per un periodo non inferiore a 25 anni. Proprio per questo – sottolinea la Coldiretti è necessario che l’origine della carne sia locale. La bistecca alla fiorentina ha una lunga tradizione tanto che a fine ‘800 venne presentata come piatto toscano per Firenze capitale d’Italia. Fu Pellegrino Artusi, nel suo ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’ (edito nel 1981), a spiegare come doveva essere cucinata la vera bistecca fiorentina: “Mettetela – si legge – in gratella a fuoco ardente di carbone, così naturale come viene dalla bestia o tutt’al più lavandola e asciugandola; rivoltatela più volte, conditela con sale e pepe quando è cotta, e mandatela in tavola con un pezzetto di burro sopra. Non deve essere troppo cotta perché il suo bello è che, tagliandola, getti abbondante sugo nel piatto. Se la salate prima di cuocere, il fuoco la risecchisce, e se la condite avanti con olio o altro, come molti usano, saprà di moccolaia e sarà nauseante”.
Dopo la mucca pazza è stato avviato dalla Coldiretti un intervento straordinario di rigenerazione del patrimonio zootecnico che ha portato alla riscoperta delle razze storiche italiane negli allevamenti, l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e contratti di filiera per garantire la qualità e la sicurezza della carne nazionale che oggi soffre gli effetti della pandemia che ha costretto alla chiusura ristoranti ed agriturismi che rappresentano un mercato di sbocco rilevante per la carne di qualità.