Apindustria Confapi Brescia, Presidente Cordua: “Codice di crisi d’impresa: bene la proroga, ma chiediamo equità per le PMI”

Il tessuto delle PMI bresciane è sano. Lo dice lo studio realizzato dal Centro Studi di Apindustria Confapi Brescia con la collaborazione dello Studio Associato Capezzuto Meleleo e condotto su un campione di 650 PMI associate, dal titolo «Analisi degli equilibri economici e finanziari delle imprese associate». «Presentiamo con orgoglio questo lavoro dal quale emergono la solidità e la resilienza del nostro tessuto imprenditoriale – commenta Pierluigi Cordua, presidente di Apindustria Confapi Brescia -, cristallizzate da Rating positivi per il 73% del campione». Lo studio indaga anche gli indici della crisi d’impresa, alla base del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza dibattuto dal 2019. Un’entrata in vigore fissata per il prossimo 1° settembre, ma con la decisa possibilità di uno slittamento di un anno, almeno per le misure di allerta esterna. Nelle scorse ore, infatti, le Commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno approvato gli emendamenti relativi nell’ambito del Dl Sostegni Bis. «Accogliamo il passo in avanti verso uno slittamento dell’introduzione delle prescrizioni del Codice con favore – afferma il Presidente Cordua -, ribadendo quanto l’attuazione nel 2021 sarebbe rischiosa per le nostre PMI già colpite dagli effetti della pandemia. Chiediamo però che tale provvedimento non si riveli iniquo: la maggiore fragilità, infatti, è racchiusa nelle imprese con un numero di addetti più ridotto. A loro, pertanto, va rivolta attenzione particolare da una normativa che non le colpisca in maniera sbilanciata».

Una posizione che conferma le traiettorie che da sempre guidano l’operato dell’associazione, imperniate su rappresentanza, analisi, sostegno ed assistenza alle imprese, anche declinate sull’interpretazione e l’adeguamento ai nuovi obblighi ed adempimenti previsti dalla normativa.

In questo solco, lo studio consegna «uno spaccato fedele dello stato di salute delle nostre associate e nella sua prossima edizione potremo comprendere appieno gli impatti che la pandemia ha generato sulle nostre imprese – continua Cordua -. Questo lavoro, inoltre, in futuro ricostruirà fedelmente la ripresa che stiamo, fortunatamente, già nel complesso registrando».  Sul tema verrà realizzato il prossimo 13 maggio, con inizio alle 17, un webinar al quale «interverrà anche l’onorevole Alfredo Bazoli – anticipa il presidente -. Il suo contributo, da relatore della legge, conferirà alle nostre aziende ulteriori e preziosi elementi di riflessione».

«L’analisi è un tassello determinante nell’ambito di un progetto composito e di continuo rinnovamento della nostra associazione iniziato la scorsa estate – descrive Leonardo Iezzi, direttore esecutivo di Apindustria Confapi Brescia – che ambisce ad una approfondita profilazione della propria platea di aziende. La nostra base associativa, eterogenea e pienamente rappresentativa del tessuto imprenditoriale bresciano, merita un’associazione che sia in grado di rispondere alle sue esigenze, ma anche di anticiparne i bisogni in un contesto economico sempre più competitivo e sfidante».

Programmazione e cultura finanziaria sono leve a sostegno delle imprese, fondamentali per il loro business . «La nostra attività di accompagnamento alle aziende, rilasciando garanzie agli istituti di credito, mostra quanto le imprese fragili che si rivolgono ai nostri servizi presentino una scarsa confidenza con dati e indicatori finanziari. – afferma Mario Magazza Presidente di Confapifidi, consorzio di aziende in forma cooperativa che ha il fine di facilitare l’accesso al credito da parte delle PMI -. Introdurre una cultura finanziaria che guardi oltre al binomio costi e ricavi e analizzi entrate e uscite finanziarie che, insieme, sono alla base dell’adozione del business plan può risultare uno strumento di straordinaria importanza per il funzionamento di un’azienda, per il suo sviluppo, ma anche per limitare i danni e rialzarsi più in fretta in un momento economico negativo».

«Analisi degli equilibri economici e finanziari delle imprese associate»: i risultati dello studio

L’analisi condotta dal Centro Studi di Apindustria Confapi Brescia, diretto da Maria Garbelli, in collaborazione con lo Studio Capezzuto Meleleo esamina un campione corrispondente a poco meno della metà del bacino di piccole e medie imprese associate (650 unità su 1321 totali).

Ne emerge un tessuto economico – finanziario bresciano in buona salute, come affermato da Rating prevalentemente positivi. Anche l’indagine sugli indici della crisi d’impresa – perno del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza dibattuto dal 2019 – racconta di un campione solido, dove è residuale il numero di realtà poste in una condizione di decisa fragilità.

La metodologia

«Apindustria Confapi Brescia con la collaborazione dello Studio Capezzuto – Meleleo ha condotto un’analisi degli ultimi dati disponibili e relativi ai bilanci d’esercizio 2019 – descrive Luigi Meleleo, socio dello Studio Capezzuto Meleleo e consulente fiscale e tributario Apindustria Confapi Brescia – e rappresenta un primo significativo passo nell’introduzione dei parametri richiesti dalla nuova normativa che prevede di programmare i flussi di cassa dei sei mesi successivi e di dare evidenza del rispetto degli indicatori di crisi e di continuità aziendale».

La metodologia dell’indagine ha, in primo luogo, evidenziato lo stato di salute delle aziende attraverso l’indicatore del Rating e, successivamente, ha effettuato una prima simulazione d’impatto del sistema di allerta sulla totalità dei bilanci dei 1321 associati pubblicati. Ha poi approfondito maggiormente su un numero di circa 650 aziende in base al dettaglio informativo sufficiente estratto dal sistema modefinance per il calcolo dei 5 indici selezionati. Agenzia di Rating, CRA (Credit Rating Agency) ed ECAI (External Credit Assessment

Institution) certificata a livello europeo, Modefinance è un’azienda Fintech nativa, specializzata nella valutazione dell’affidabilità creditizia di aziende e banche e nello sviluppo di soluzioni di Intelligenza Artificiale per l’analisi e la gestione del rischio di credito.

«La simulazione è stata condotta su un campione molto esteso nel quale sono rappresentate tutte le dimensioni aziendali (con esclusione delle micro-imprese, imprese in liquidazione, in concordato preventivo, start up innovative, eventuali cooperative e consorzi, società di recente costituzione, società finanziarie ed immobiliari) – continua Meleleo -. Dalla lettura sistematica ed integrata degli indicatori individuati, considerati dalla dottrina i più predittivi e più significativi per la riforma della legge fallimentare, è facilmente possibile individuare l’area di alert, ma è evidente che sarà necessario valutare il rischio di impresa sulla base di riflessioni ad hoc per cui il modello suggerito dovrà essere integrato da variabili indipendenti che solo il professionista e l’imprenditore possono realmente conoscere».

I risultati mostrano che «dagli indici, estrapolati dall’elaborazione dei bilanci relativi al 2019, emerge un numero limitato di imprese segnalate – conclude Meleleo -: un dato che dovrà essere monitorato all’indomani della presentazione dei bilanci 2020, dai quali si evidenzieranno gli impatti della crisi pandemica sull’economia.

Merita, però, di essere sottolineato che sull’intero campione analizzato e sulla base documentale disponibile solo 7 aziende si avvicinerebbero al mondo crisi (6 aziende per patrimonio netto negativo e 1 azienda per indicazione dei cinque indici di allerta)». Va a tale proposito specificato che la presenza di uno stato rilevante di crisi, nei termini di cui all’art. 13 co. 1 del Codice della crisi e dell’insolvenza d’impresa, è diagnosticata attraverso la preliminare rilevazione della presenza di ritardi reiterati e significativi nei pagamenti nonché attraverso la verifica della presenza di un patrimonio netto negativo o inferiore al minimo di legge, infine mediante l’evidenza della non sostenibilità del debito nei sei mesi successivi attraverso i flussi finanziari liberi al servizio dello stesso (tramite l’uso dell’indice finanziario prospettico DSCR – Debt Service Coverage Ratio). L’analisi non ha preso in considerazione il calcolo del DSCR per indisponibilità dei dati sulla piattaforma di Modefinance e si è pertanto ricorso all’impiego combinato di una serie di cinque indici che devono allertarsi tutti congiuntamente.

«Risulta comunque opportuno ricordare – conclude Meleleo – che il superamento delle soglie stabilito dalla legge e dal Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti fornisce ragionevoli presunzioni, ma non implica automaticamente la fondatezza dell’indizio della crisi, in quanto occorre tenere conto della specificità aziendale e delle prospettive gestionali».

I risultati dell’analisi

L’analisi del rating si basa sulla classificazione adottata da Modefinance che distingue per lettera e per colore le 10 categorie di rischio crescente e si basa principalmente sui criteri della solidità finanziaria (capacità di ottemperare agli impegni finanziari assunti verso terzi) e della vulnerabilità rispetto alle condizioni di contesto.

«Il riscontro è molto positivo – descrive Maria Garbelli, responsabile del Centro Studi di Apindustria Confapi Brescia -: dominano le imprese equilibrate (43% del complesso) e sane (30% del totale imprese associate), che complessivamente raggiungono per il 73% del totale. Del restante 27%, il 24% del campione presenta una gestione variamente vulnerabile – nei numeri, parliamo di 140 imprese con rating che va da B*  a CCC** -. Per altre 20 imprese (3% del totale) la situazione è di elevato rischio».

Le 650 aziende inserite nel campione occupano poco meno di 18.000 dipendenti, «3.000 dei quali operano in imprese vulnerabili – continua Garbelli -; di queste l’80%, che conta su una forza lavoro complessiva di 2.548 unità, presenta un livello di vulnerabilità relativamente contenuto (rating B). Il nucleo di imprese rischiose è pari al 3% del campione rilevato e impiega 327 persone».

Analizzando, invece, il campione sotto la lente dei criteri della crisi d’impresa, sono gli due indicatori che emergono per incidenza.  La liquidità fa accendere il semaforo rosso per più di 3 imprese su 10 (177 unità sulle 650 totali) e l’altro criterio che emerge è l’indebitamento previdenziale e tributario che mette in allarme il 23% delle imprese associate, pari a 104 unità.

«Dallo studio emerge pertanto che la combinazione tra rating e criteri della crisi d’impresa trova sostanziale assonanza per le imprese più sane – conclude Garbelli -. Gli indicatori della crisi si accendono, invece, per le imprese in disequilibrio: quelle vulnerabili registrano in modo strutturale e massiccio nella categoria l’allarme relativo alla carenza di liquidità, che pesa sul 73% delle imprese fragili (140 unità). Evidenze ancor più marcate per le imprese rischiose, fortunatamente molto ridotte nei numeri: in particolare il ritorno liquido dell’attivo congestiona e mette in allarme il 90% delle imprese nella categoria. Rosso anche l’indicatore della liquidità (88% dei casi) e l’inadeguatezza patrimoniale (62%)».