“Il giardino dei ciliegi” in scena al Teatro Odeon di Lumezzane

Con Il giardino dei ciliegi, in programma mercoledì 20 novembre, prosegue la Stagione di prosa 2024-25 del Teatro Odeon Giacinto Prandelli promossa dal Comune di Lumezzane.

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Il regista Leonardo Lidi, Premio Flaiano 2024 per Zio Vanja, applaudito al Teatro Odeon nella scorsa Stagione, torna con lo spettacolo che chiude la trilogia cechoviana iniziata con Un gabbiano. Una trilogia con la stessa compagnia di attori β€œper sottolineare – afferma il regista – l’importanza e il talento delle attrici e degli attori italiani, vera pietra preziosa del nostro teatro”.

 

In scena Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Alfonso De Vreese, Ilaria Falini, Christian La Rosa, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Orietta Notari, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna.

Scene e luci di Nicolas Bovey, costumi di Aurora Damanti, suono di Franco Visioli.

L’allestimento Γ¨ prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria con lo Stabile di Torino-Teatro Nazionale e con Spoleto Festival dei Due Mondi.

 

Il giardino dei ciliegiΒ Γ¨ l’ultima commedia di Čechov, terminata alla fine del 1903 e nata originariamente da un β€œfortissimo desiderio di scrivere un vaudeville”.

Si apre nel mese di maggio, quando i ciliegi sono in fiore: Ljuba – Ranevskaja Liubov’ Andreevna – fa ritorno alla sua tenuta nella campagna russa dopo cinque anni trascorsi a Parigi e dopo aver dilapidato il patrimonio di famiglia. Una terribile notizia la accoglie: a causa dei debiti accumulati, la proprietΓ  sarΓ  messa all’asta. Il mercante Lopachin, discendente della famiglia di servi anticamente alle dipendenze dei vecchi proprietari, suggerisce di dividere la tenuta in lotti, per costruire villette dalla cui vendita ricavare i soldi necessari a salvare almeno parte della proprietΓ . Ma la donna, per tutti i ricordi e i legami affettivi che rappresenta, non Γ¨ pronta a cedere il suo magnificoΒ giardino dei ciliegi. SarΓ  inevitabile, nessuno potrΓ  salvare la proprietΓ  dalla vendita e dalla lottizzazione. Proprio Lopachin acquisterΓ  il giardino e darΓ  l’avvio all’abbattimento.

Čechov traccia un quadro del suo tempo, ma anche del nostro. β€œIo descrivo la vita”, scriveva subito dopo il successo de Il giardino dei ciliegi.

Lo spettacolo di Lidi, acclamato al festival di Spoleto, restituisce in chiave originale e nitida lo straordinario testo dell’autore russo: β€œLeggendo Il giardino dei ciliegi mi Γ¨ sempre sembrato palese che il nostro giardino Γ¨ sinonimo di nostro teatro” scrive nelle sue note il regista. E con la complicitΓ  di un cast strepitoso di attori conduce lo spettatore in un giardino/teatro che ora vive solo nel ricordo dei suoi interpreti.

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Lo spettacolo è in programma mercoledì 20 novembre alle ore 20. 45. Il teatro apre alle 20.

Ingresso € 25 intero, € 21 ridotto.

Posti disponibili.

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Prevendite

Teatro Comunale Odeon Giacinto Prandelli di Lumezzane (via Marconi 5) il martedì e mercoledì dalle 18.30 alle 19.30, festivi esclusi;

Libreria Punto Einaudi di Brescia (via Pace 16/a) nei giorni di apertura dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19, lunedì mattina e festivi esclusi.

Prevendita online su vivaticket.it fino a esaurimento della quota disponibile.

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Per questo spettacolo Γ¨ attivo il bus navetta gratuito a/r Brescia-Lumezzane

Per i possessori di abbonamento o biglietto e fino a esaurimento posti, Γ¨ a disposizione una navetta con partenza alle 20.15 dal piazzale della Stazione Metro Prealpino di Brescia e ritorno al termine dello spettacolo. Info e iscrizioni all’indirizzo di posta elettronica segreteria@eureteis.com e a seguito di conferma.

 

Tutte le info su www.teatro-odeon.it

Info biglietteria del teatro solo nei giorni e orari di apertura 030.820162

Per altre info su riduzioni e prenotazioni bus: segreteria@eureteis.com.

 

LO SPETTACOLO

 

Progetto Čechov, terza tappa

il giardino dei ciliegi

di Anton Čechov

traduzione Fausto Malcovati

regia Leonardo Lidi

con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Alfonso De Vreese, Ilaria Falini, Christian La Rosa, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Orietta Notari, Mario Pirrello, Tino Rossi,

Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna

scene e luci Nicolas Bovey

costumi Aurora Damanti

suono Franco Visioli

produzione Teatro Stabile dell’Umbria

in coproduzione con Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale, Spoleto Festival dei Due Mondi

 

durata 1 ora e 40 minuti

 

 

 

Settembre 1903. Anton Čechov cerca di concludere la stesura del Giardino dei ciliegi, la sua ultima commedia, mentre i sintomi della tubercolosi lo fiaccano. È debole, fa fatica a respirare. β€œSono sempre mezzo malato” scrive alla moglie Olga, β€œho male alle gambe, alla schiena, tossisco”. Quando riesce a scrivere, perΓ², il passato e il futuro sembrano fondersi come per un’alchimia.

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Immersi nell’inutilitΓ  del nostro giardino

Leggendo Il giardino dei ciliegi di Anton Čechov mi Γ¨ sempre sembrato palese – e magari ho sempre sbagliato – che il nostro giardino Γ¨ sinonimo di nostro teatro. E avendo avuto il progetto Čechov una validitΓ  politica dal suo principio, dal rientro post pandemico con Gabbiano per interrogarci sul come ripartire nell’incontro con il pubblico, mi sembra stimolante chiudere il cerchio con questo testo cosΓ¬ profondo nelle sue domande. Un testo, l’ultimo di Čechov, che presenta a tratti monologhi piΓΉ concettuali e smaccatamente filosofici rispetto ai precedenti, ma che continua a sballottarci da un personaggio all’altro, spostando la β€œragione” su piΓΉ punti e facendoci letteralmente girare la testa. Termineremo il viaggio confusi, pieni di domande e con pochissime risposte. Ecco, forse, cosa vuol dire drammaturgia. Ecco perchΓ© Čechov, sopravvissuto al tempo, dovrebbe essere il maestro di riferimento del teatro del domani: un simpatico individuo che prendendosi un po’ in giro immette generosamente una riflessione nell’altro. Con la cura verso l’altro e la noncuranza del proprio io. In un teatro dove bisogna autodefinirsi pedagoghi e maestri per salvarsi dalla mediocritΓ , Čechov ci rassicura nel dubbio, citando Amleto attraverso le mani troppo in movimento di Lopachin e ci ricorda che il dubbio fa parte del nostro mestiere e che senza di quello non potremmo sopravvivere, che senza il dubbio la creativitΓ  perde appetito. In un Italia che cerca sempre di piΓΉ sintetiche risposte sbertucciando la complessitΓ , il progetto Čechov rischia di non sapere. Si potrebbe scomodare il paradosso socratico del β€œallora capii che veramente io ero il piΓΉ sapiente perchΓ© ero l’unico che non sa nΓ© pensa di sapere” ma sono certo di poter esprimere lo stesso concetto con qualche canzoncina da Festivalbar nella prossima messa in scena.

Leonardo Lidi Β 

 

Lidi, il grottesco si addice a Cechov. Spesso, quando il testo che affronta Γ¨ un classico collaudato, il regista Leonardo Lidi adotta una chiave grottesca che rischia di apparire sarcastica o addirittura beffarda e dissacrante, ma in realtΓ  contiene un’adesione addirittura dolorosa: come se l’interprete imprecasse contro un’epoca che gli chiede di giustificare la passione per certi valori. L’operazione  … Β trova in Cechov il materiale ideale. Questo si Γ¨ visto negli estrosi, ispirati ancorchΓ© poco convenzionali allestimenti del Gabbiano e Zio Vania, e ora si conferma con Il giardino dei ciliegi al Festival di Spoleto. Non facile dire perchΓ©. Forse la struttura delle commedie, non proprio storie da seguire ma scene di personaggi ciascuno immerso nella contemplazione di se stesso con ripetizione di piccoli tic, fa sΓ¬ che anche l’esagerazione di qualche tipo (la governante tedesca gender blind, con barba, calzoni corti e occhi bistrati di turchino) non ce lo allontani, ma in certo modo sfidandoci a capirlo ce lo renda simpatico. In una cornice ovviamente astratta, inizialmente solo sedie in scena, ma poi anche soffitto che si ribalta e diventa piano inclinato dove si prende il sole in costume da bagno; e tutti vestiti ciascuno per conto suo, fogge e colori anche ma non necessariamente strampalati, unico normale, da concreto uomo d’affari, lo speculatore con lacrime di coccodrillo Lopachin (Mario Pirrello, ammirevole). È un coro di modeste infelicitΓ  individuali, e si fa ascoltare con una partecipazione da divertita a sempre piΓΉ attenta.

Masolino D’Amico, La Stampa