Confindustria Brescia ha organizzato il prazno di Natale 2024
PRINCIPALI DINAMICHE ECONOMICHE
- Tra luglio e settembre la dinamica dell’attività produttiva del settore manifatturiero bresciano ha terminato la sua discesa: la variazione rispetto allo stesso periodo del 2023 è infatti nulla (0,0%), dopo ben cinque rilevazioni consecutive negative.
- La giustificazione di tale dinamica va ricercata non tanto nell’assestamento dei livelli espressi dall’industria del territorio, quanto piuttosto nel confronto con un trimestre non particolarmente brillante (il 3° del 2023). Il tasso acquisito, ovvero la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2024, è pari a -1,3%.
- La scarsa domanda proveniente dai mercati domestici e internazionali continua a preoccupare le imprese manifatturiere bresciane, che denunciano tale aspetto come il principale fattore che limita la produzione: ciò ha riguardato il 49% delle realtà intervistate, una quota in aumento nei confronti dell’analogo periodo del 2023 (40%), non distante dai livelli del 2020, quando il sistema economico locale stava affrontando l’emergenza Covid-19.
CRISI GERMANIA
- La crisi della Germania sta sempre più impattando negativamente sul made in Brescia. Secondo quando descritto all’interno del numero 2 di BFocus, la periodica pubblicazione realizzata dal Centro Studi di Confindustria Brescia e OpTer (Osservatorio per il territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nel 2024 solamente il 21% delle imprese manifatturiere bresciane mostra una dinamica positiva dei quantitativi venduti in Germania rispetto al 2021 (nel 2023 tale quota si attestava al 32% e nel 2022 al 48%).
- Dal punto di vista dei volumi effettivamente esportati in Germania (al netto dei prezzi di vendita applicati alla clientela), la rilevazione ha rimarcato che nel 2022 il settore industriale bresciano ha visto contrarsi del 10% rispetto al 2021 i quantitativi delle merci vendute in Germania. Nel 2023 il differenziale con il 2021 si sarebbe allargato al 20% e nel 2024 tale gap raggiungerebbe addirittura il 34%.
MERCATO DEL LAVORO
- In tale contesto, il lavoro mostra segnali di sostanziale tenuta. Nei primi nove mesi del 2024, il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni nell’industria bresciana ha mostrato un andamento sostanzialmente invariato rispetto all’analogo periodo del 2023 (-1,6%). Complessivamente, le ore autorizzate sono state pari a 12,5 milioni, di cui 9,7 relativamente alla componente ordinaria (+9,3% sul 2023) e 2,8 a quella straordinaria (-27,0% sul 2023). Il confronto con il 2022 (8,1 milioni di ore) evidenzia invece una significativa salita (+54,7%), giustificata dall’impennata della CIGO (+89,8%).
- Con riferimento alle dinamiche lavorative, nel periodo gennaio-giugno di quest’anno, la variazione netta delle posizioni lavorative nell’intera provincia di Brescia è positiva (+15 mila unità), pur caratterizzandosi per una frenata rispetto al biennio precedente (+21 mila unità nella media del 2022 e del 2023). Tale evoluzione risente del minore numero di nuove posizioni create per il tempo indeterminato e nella somministrazione, a fronte di un’accelerazione di quelle a tempo determinato,
- Le assunzioni (poco più di 45 mila) mostrano anch’esse un rallentamento, in particolare per quanto concerne il tempo indeterminato e la somministrazione. Sempre fra gennaio e giugno, le dimissioni (volontarie) si sono attestate a poco meno di 30 mila unità, un valore di poco inferiore di quanto rilevato nei due anni precedenti, ma comunque in rialzo del 62% rispetto alla media pre-Covid (anni 2014- 2019).
FOCUS CREDITO
- Prosegue la discesa dell’ammontare di credito erogato alle aziende attive nell’industria, dopo la fase fortemente espansiva che aveva invece caratterizzato buona parte del biennio 2021-2022. A fine giugno di quest’anno, lo stock di prestiti (al netto di pronti contro termine e sofferenze) a disposizione delle imprese industriali bresciane, era pari a 9,6 miliardi di euro, evidenziando una flessione del 12,9% sullo stesso periodo del 2023. Le motivazioni alla base di tale riduzione possono essere ricondotte, in particolare, a una minore domanda di finanziamenti da parte delle imprese (a seguito dell’elevato costo del denaro e del conseguente maggiore ricorso all’autofinanziamento).
- La debole congiuntura e gli alti tassi d’interesse contribuiscono al deteriorarsi della qualità del credito, che tuttavia rimane su livelli storicamente elevati: il tasso annualizzato di deterioramento dei prestiti per le società non finanziarie a giugno 2024 ha raggiunto il 2,1% (contro lo 0,7% dello stesso periodo del 2023): un valore ritornato sui livelli del biennio 2018-2019. Un altro elemento che va nella stessa direzione va ricercato nell’evoluzione delle sofferenze nel settore industriale, che si sono attestate a 112 milioni di euro, in notevole aumento dai minimi storici raggiunti alla fine del 2022 (81 milioni).
FOCUS AUTOMOTIVE
- CRISI DEL MERCATO IN EUROPA (E IN ITALIA): nel 2023 in Europa sono stati immatricolati 15,1 milioni di autoveicoli, un valore in calo del 19,9% sul 2019 (18,4 milioni). Tutti i principali mercati segnano delle forti flessioni (Italia -15,8%, Germania -20,2%, Francia -19,8%, Spagna -24,9%). La quota del mercato europeo (UE27+UK) sul totale mondiale si è così attestata al 16,3%, contro il 20,0% rilevato nel Quanto perduto a livello continentale è stato di fatto acquisito dalla Cina, la cui quota nel 2023 è salita al 32,5% (dal 28,0% nel 2019).
- La produzione di autoveicoli si caratterizza per un’evoluzione complessivamente analoga, con una contrazione del 12,1% rispetto al 2019. I cali più intensi riguardano la Francia (-30,7%) e il Regno Unito (-25,8%). In tale contesto, il nostro Paese (880 mila unità) è sempre più distante dalla cifra di 1 milione di unità prodotte (per l’ultima volta raggiunta nel 2018). La Germania si conferma il principale Paese produttore in Europa (4,3 milioni nel 2023), ma segna una flessione del 6,9% sul
- TRANSIZIONE VERSO L’ELETTRICO IN AFFANNO: nei top cinque mercati europei (Germania, UK, Francia, Italia, Spagna) nei primi nove mesi del 2024 il numero di immatricolazioni di autovetture BEV (Battery Electric Vehicle) è stato pari a 850 mila, una quota molto ridotta sul totale (6,8 milioni nello stesso periodo dell’anno). L’incidenza delle immatricolazioni BEV si attesta al 13,1% in Germania, al 17,8% in UK, al 17,1% in Francia, al 4,0% in Italia e al 5,1% in Tali numeri appaiono molto bassi rispetto alla penetrazione dei veicoli BEV nei Paesi “nordici”, storicamente più avanti sotto questa prospettiva (Norvegia 88,2%, Danimarca 48,2%, Svezia 34,0%, Paesi Bassi 32,3% e Finlandia 28,2%).
FOCUS ENERGIA
- Nelle ultime settimane il prezzo del gas naturale è stato sostenuto da una serie di fattori, quali: l’incremento della domanda (a seguito del calo termico), l’avvio dei prelievi dagli stoccaggi, il minore contributo apportato dal regime eolico. I fondamentali alla base del mercato sono nel complesso ribassisti, grazie a una domanda dal settore industriale in rallentamento e all’elevata produzione da fonti Persistono tuttavia alcuni fattori di rischio che potrebbero spingere al rialzo le quotazioni, in particolare: lo scenario geopolitico internazionale (rischi approvvigionamenti gas legati a timori di escalation dei conflitti Russia / Ucraina e in Medioriente) e il meteo (le alte temperature rilevate fino ai primi giorni di novembre hanno ridotto scorte nivologiche, tornate in linea con quelle del 2023).
- Il Centro Studi di Confindustria Brescia ha realizzato un aggiornamento della bolletta energetica pagata dalle imprese industriali bresciane. La più recente proiezione effettuata (presentata in occasione del 45° appuntamento di Scenari&Tendenze dello scorso 21 novembre) valuta tale importo a 1.328 milioni, un valore nel complesso non distante da quanto stimato per il 2023 (1.399 milioni, – 5%), in netta flessione dai massimi storici del 2022 (3.816 milioni, -65%), ma in forte rialzo sui livelli pre-pandemici (586 milioni nel 2019, +127%).
- Va poi segnalato che le imprese italiane pagano un prezzo dell’energia elettrica sistematicamente superiore rispetto a quello dei principali Paesi europei. Nei primi dieci mesi del 2024, il prezzo spot rilevato in Italia si è attestato sui 104 €/MWh (+108% di quanto pagato in Francia, +44% della Germania,
+184% dell’Area Scandinava, +92% della Spagna, +45% dell’Austria e +56% della Svizzera). Tutto ciò comporta un sistematico gap di competitività delle aziende italiane, specialmente quelle con produzioni più energivore, rispetto ai competitor internazionali.